Cina 2012, l’economia
gode di buona salute
I numeri del Dragone


	
La Fondazione Italia-Cina presenta il Rapporto Annuale, con le previsioni per l'anno corrente dell'economia del Paese di Mezzo. Rallenta il Pil e crescono i costi di produzione, ma si aprono opportunità nel mercato interno per tecnologie pulite, infrastrutture e sanità "made in Italy".
Operatori finanziari in Cina


La Fondazione Italia-Cina presenta il Rapporto Annuale, con le previsioni per l'anno corrente dell'economia del Paese di Mezzo. Rallenta il Pil e crescono i costi di produzione, ma si aprono opportunità nel mercato interno per tecnologie pulite, infrastrutture e sanità "made in Italy".



di Luca Zorloni (左 露珂)

Milano, 29 marzo 2012 – L'economia del Dragone gode di ottima salute. Il certificato del Rapporto Annuale della Fondazione Italia-Cina registra un sistema di “sana e robusta costituzione”, con previsioni positive anche per il 2012. E a suggello di grafici e tabelle arrivano impreviste, ma ben accette, le dichiarazioni del presidente Hu Jintao nel fuori programma con il premier Monti alla conferenza sulla sicurezza nucleare a Seoul: “Investiremo in Italia”. La vaporiera cinese non intende fermarsi: rallenterà, recita il documento, passando da un Pil che nel 2011 è cresciuto del 9,5% a un risultato che si aggirerà intorno all'8%, e produrre nel Paese di Mezzo costerà di più, sia in termini di salari sia di materie prime; ma le esportazioni scatteranno ancora in avanti (+10%) e l'inflazione dovrebbe stabilizzarsi intorno al 4-5%.

LA PRESENTAZIONE DEL RAPPORTO ANNUALE: il commento video

Le 116 pagine del documento, sviluppato dal Centro Studi per l'impresa della Fondazione guidata da Cesare Romiti (in questi giorni in Cina per offrire a Monti debita accoglienza), snocciola dati e cifre di un paese sempre più attrattivo non solo per le grandi multinazionali, che ormai non posso esimersi dal considerare i cinesi tra i propri potenziali clienti, ma anche per la piccola e media impresa. Basti considerare che gli investimenti diretti esteri (gli Ide, ndr) sono cresciuti del 13,15% negli ultimi dodici mesi, muovendo una maxi-cifra di 116 miliardi di dollari, e le previsioni sono di bissare il copione nell'anno del Dragone. Secondo il World Investment Report 2011 (redatto dalla Commissione Commercio e Sviluppo dell'Onu e rimbalzato dal rapporto del Cesif) la Cina resterà una calamita per gli investimenti degli altri paesi. Pechino, attualmente al secondo posto nella classifica degli esperti delle Nazioni Unite, lancia il guanto della sfida agli Stati Uniti.

Un ruolo fondamentale lo gioca la politica. E per riproporre il paragone tra i due Stati, se la partita per il Congresso a stelle e strisce è aperta, come dimostra il duello serrato alle primarie del partito repubblicano, il Paese di Mezzo segue invece una strada tracciata in modo netto: a Hu Jintato e Wen Jiabao, rispettivamente presidente e premier, succederanno i già designati Xi Jinping e Li Keqiang (che incontrerà sabato Monti, ndr). Successione nelle poltrone e negli intenti. E dagli esperti della Fondazione arrivano rassicurazioni anche sul terremoto che ha investito il partito: lacacciata del “principe” maoista Bo Xilai non creerà instabilità nel quadro macroeconomico. Piuttosto il suggerimento è a prestare attenzione all'agenda politica della Cina in materia di mercato interno e mondo del lavoro.

In cinque anni – tra il 2010 e il 2015 – costi industriali, tasse e apprezzamento della valuta subiranno un incremento tra il 70 e il 110%. Il capitolo stipendi è tutto da scrivere, ma l'indirizzo del Politburo è di raddoppiarli entro tre anni e dodici province hanno già ritoccato al rialzo i minimi, con cifre però diseguali, poiché variano in ogni amministrazione locale. La Fondazione Italia-Cina invita però a non temere l'aumento delle spese come un ostacolo ai prezzi concorrenziali del gigante asiatico, perché salari più alti significano maggiore liquidità nei portafogli dei figli dell'ex Celeste Impero e una spinta al consumo interno. La Cina punta a un'iniezione di energia allo shopping al di qua della Grande Muraglia e ci sono due fattori che giocano a favore: da un lato c'è l'offerta sempre più variegata delle imprese straniere, che hanno incominciato a guardare fuori dai propri cancelli e hanno scoperto 1 miliardo e 300milioni di potenziali clienti; dall'altro c'è la migrazione verso le città, che nei primi mesi del 2012 ha già raggiunto un punto di svolta con la popolazione urbana che supera quella di campagna. Lo auspicava Mao, lo hanno realizzato i suoi “principi”.

Ma cosa esportare nel paradiso del prodotto “low cost”, dove si generano per le aziende straniere profitti più alti che nel resto del mondo? Allo Stivale arride la lunga marcia dei beni di lusso, quindi moda, enogastronomia, arte e, da poco unitosi alla cordata, il design che arreda le residenze del milione di milionari cinesi. Ma non è solo il “made in Italy” a far fortuna all'estero. Il rapporto accende un faro sul successo degli investimenti industriali: l'automotive, che si assesterà su una crescita del 10-15%, poi macchinari e utensileria di precisione, chimica e tutta l'industria di “lusso”, ad alto valore aggiunto. E ancora, la ristorazione tricolore, le tecnologie pulite in un Paese che fa i conti con uno sfruttamento intensivo dell'ambiente, le infrastrutture per la mobilità. C'è infine un'altra eccellenza tutta italiana che può far fortuna in Cina: la sanità. D'altronde, se il sistema gode di buona salute, qualcuno dovrà pur assicurarla.

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