Fmi e Banca Mondiale chiedono riforme
e stimoli al consumo, la Cina diserta il summit


	
I rappresentanti dell'economia di Pechino non partecipano agli incontri di Tokyo per protesta sulla questione Senkaku-Diaoyu. E' un'assenza che si fa notare: il Dragone è sempre più coinvolto nella crisi globale
Il logo del Fondo Monetario Internazionale prima del meeting di Tokyo


I rappresentanti dell'economia di Pechino non partecipano agli incontri di Tokyo per protesta sulla questione Senkaku-Diaoyu. E' un'assenza che si fa notare: il Dragone è sempre più coinvolto nella crisi globale

Tokyo, 10 ottobre 2012 - La capitale giapponese ospita il summit annuale di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale. Un'incontro importante, nel quadro della crisi economica globale che non sta risparmiando nemmeno i giganti asiatici, ma che i più importanti player del Dragone hanno scelto di disertare in segno di protesta per la questione Senkaku-Diaoyu.

"Cina e Giappone sono fattori chiave dell'economia mondiale e non possono essere condizionati da divisioni generate da dispute territoriali'' aveva dichiarato  la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde in un'intervista della scorsa settimana, ma le sue raccomandazioni sono rimaste inascoltate. Il rifiuto di partecipare al summit FMI opposto dalle banche cinesi, tra cui i quattro principali istituti di credito del paese (Bank of China, Industrial and Commercial Bank of China, China Construction Bank e Agriculture Bank of China) è solo l'ultimo episodio di un'escalation che prosegue da oltre un mese, quando Tokyo ha deciso di acquistare l'arcipelago da una famiglia giapponese che ne deterrebbe formalmente i diritti di sfruttamento. Oltre alle poderose proteste e manifestazioni di piazza e agli attacchi alle sedi consolari nipponiche, il boicottaggio ai marchi giapponesi sta causando danni ingenti alla presenza economica nipponica in Cina: ad esempio, le case automobilistiche Toyota, Honda e Nissan stanno pianificando di ridurre la produzione in Cina, a causa del drastico calo di vendite causato dalla nuova esplosione di rabbia contro il Giappone.

Una relazione economica e politica, quella tra Pechino e Tokyo, che non poteva scegliere momento peggiore per entrare in crisi. Le previsioni del FMI presentate nel corso del summit indicano che nel 2012 l'economia globale crescerà del 3,3%, una revisione al ribasso rispetto al 3,5% che si ipotizzava solo nello scorso luglio. Non solo: anche il 2013 continuerà in frenata. Secondo il Fondo Monetario Internazionale siamo di fronte al rischio concreto di una recessione globale: "I rischi di rallentamento sono notevoli e sono aumentati - si legge nel rapporto 'World Economic Outlook', presentato martedì - e si tratta di previsioni basate sulle misure critiche approvate negli Usa e nell'Eurozona, manovre la cui probabilità di successo è molto difficile da prevedere". Ad appesantire le stime, le cattive performance delle economie emergenti: in calo l'India (dal 6,1% ipotizzato a luglio al 4,9%) mentre per la Cina si prevede un "soft landing" stimato al 7,8% per quest'anno e all'8,2% per il prossimo. "La lenta crescita e l'incertezza che caratterizzano le economie avanzate in questo momento stanno influenzando anche i mercati emergenti tanto sul piano commerciale che su quello finanziario, sommandosi alle difficoltà interne" ha dichiarato il chief economist dell'FMI Olivier Blanchard

Secondo il vicedirettore generale di FMI Zhu Min, il rallentamento della locomotiva Dragone è dovuto a una deliberata politica del governo cinese per tenere sotto controllo l'inflazione. Ma qualche problema all'ombra della Muraglia resta. L'economia cinese deve resistere alle spinte verso il basso che subisce da fattori esterni come la crisi del debito pubblico nell'Eurozona e la timida crescita negli Stati Uniti. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale chiedono alla Cina di insistere con maggior vigore su quelle riforme strutturali che le consentiranno di passare da un modello basato sulle esportazioni a un'economia orientata ai consumi interni. "Le autorità cinesi comprendono perfettamente la situazione - ha dichiarato Zhu Min, ex vicegovernatore della Banca centrale di Pechino - e sono molto impegnate nel processo di riforma. Ma ovviamente il problema principale consiste nell'applicazione di queste misure".

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