Tokyo, 20 agosto 2012 - Il governo giapponese respinge le proteste cinesi contro lo sbarco di 10 attivisti giapponesi sulle isole Diaoyu-Senkaku. Nella conferenza stampa del mattino, il capo della segreteria del governo di Tokyo, Osamu Fujimura, ha risposto alle richieste congiunte di Pechino e Taipei: "Abbiamo spiegato la posizione del nostro Paese e abbiamo detto loro di non poter accogliere le loro proteste. Non c'è alcun dubbio sul fatto che le isole sono territorio sovrano del nostro Paese sia storicamente che secondo il diritto internazionale e noi controlliamo di fatto le isole". Condannando i fatti ("Si è trattato di un episodio deplorevole"),Tokyo chiede, inoltre, alla Cina di mettere da parte le proprie rivendicazioni e di proseguire nello sviluppo dei rapporti bilaterali "vantaggiosi per entrambi".
Manifestazioni nazionalistiche avevano portato ieri centinaia di migliaia di persone nelle piazze delle maggiori città cinesi dopo che un gruppo di nazionalisti nipponici sono approdati su Uotsori. Qui, gli attivisti, supportati da una flottiglia di 20 imbarcazioni su cui erano presenti anche alcuni parlamentari nipponici, hanno issato bandiere giapponesi, rivendicando l'appartenenza del suolo alla propria nazione e contestando l'azione dei nazionalisti cinesi, giunti sulle stesse sponde lo scorso 15 agosto, anniversario della resa di Tokyo nella Seconda Guerra Mondiale.
Le isole, disabitate ma ricche di risorse naturali, sono al centro di una disputa che si trascina dal 1972, quando gli Stati Uniti rinunciano all'occupazione dell'arcipelago, avvenuta in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, e sia Cina che Giappone ne rivendicano l'appartenenza ai confini nazionali. Anche se Pechino ne rivendica una proprietà culturale e storica, le isole Diaoyu-Senkaku sono diventate ufficialmente giapponesi al termine della prima guerra sino-giapponese con il trattato di Shimonoseki del 1895.