La crisi di Europa e Usa affossa gli obiettivi di Pechino: “La crescita si fermerà al 7,4%”
Diversamente dagli analisti internazionali, Song Guoqing, membro della Banca Centrale, rivede al ribasso la previsione per l'economia del Dragone. Declino dei prezzi alla produzione, inflazione e calo delle esportazioni saranno decisivi per la frenata del Pil
Diversamente dagli analisti internazionali, Song Guoqing, membro della Banca Centrale, rivede al ribasso la previsione per l'economia del Dragone. Declino dei prezzi alla produzione, inflazione e calo delle esportazioni saranno decisivi per la frenata del Pil
Shanghai, 23 luglio 2012 - Nuove nubi si addenseranno sui cieli dell'economia cinese nel terzo trimestre con un tasso di crescita che si attesterà "solo" al 7,4%. A lanciare l'allarme Song Guoqing, membro della commissione per le politiche monetarie della Banca Centrale, che ha previsto per i prossimi tre mesi il settimo rallentamento consecutivo della locomotiva cinese. Per Song il declino dei prezzi alla produzione, unito all'inflazione, potrebbe colpire i ritorni d'investimento delle industrie soffocandone il desiderio di espansione. A ciò si aggiunge il calo dell'export dovuto alla riduzione degli ordini di Usa e Europa, colpite dalla crisi finanziaria, e una netta discesa della domanda interna.
Una congiuntura tale da aver già segnato nel secondo trimestre di quest'anno il risultato peggiore degli ultimi tre anni: nel periodo aprile-giugno il Pil è cresciuto del 7,6%, ai minimi dal primo trimestre 2009, quando sulle industrie del Dragone infuriavano in pieno gli effetti negativi della crisi dei subprime. Sempre a giugno, inoltre, la bilancia commerciale cinese ha segnato un surplus di 31,7 miliardi di dollari, in aumento rispetto ai 18,7 miliardi di maggio. Un incremento legato a doppio filo al declino delle importazioni, salite del 6,3% su base tendenziale attestandosi a 148,48 miliardi di dollari, laddove gli analisti avevano stimato una crescita del 12,7%, pari a quella registrata a maggio. Le esportazioni invece hanno toccato i 180 miliardi di dollari aumentando dell'11,3% su base annuale contro il +10,6% previsto dagli analisti.
A marzo Wen Jiabao aveva rivisto gli obiettivi sulla crescita per il 2012 portandoli a quota 7,5%, invece del tradizionale 8% che costituiva da anni il traguardo minimo fissato dal governo di Pechino. "I risultati conseguiti finora rientrano nelle aspettative - ha detto una decina di giorni fa il premier - e le misure adottate per sostenere la crescita stanno funzionando, perché la crescita economica si mostra lenta, ma stabile. Tuttavia bisogna sottolineare che l'economia non è ancora entrata in una fase di ripresa, quindi i tempi duri potrebbero durare ancora più a lungo del previsto". Le parole del premier hanno messo di nuovo in allarme gli analisti secondo cui il ritmo di crescita potrebbe rallentare ancora se Pechino non interverrà quanto prima con un programma di stimoli. In particolare, Lu Ting, economista cinese della Bank of America Corp. di Hong Kong, sostiene che il governo dovrebbe introdurre misure equivalenti all'1% del Pil, per un valore di circa 470 miliardi di yuan, "per riempire il gap generato dal rallentamento dell'esportazioni e investimenti in asset fissi".
Agli inizi di luglio la Banca Centrale ha tagliato i tassi d'interesse, con una manovra a sorpresa che costituiva il secondo taglio nel giro di un mese. Pechino ha inoltre tagliato i requisiti di riserva ben sei volte da novembre a oggi. Ma quanto al pacchetto stimoli, il governo si manterrà prudente. "La prudenza è buona perché evita grandi oscillazioni, ma in casi di rallentamento economico potrebbe essere insufficiente" ha osservato Song. "C'è il rischio che le misure governative siano inappropriate se nei prossimi mesi l'export scenderà in modo brusco" ha aggiunto l'economista. "L'opinione comune è che il tasso di crescita si attesterà nei prossimi mesi attorno all'8%, ma personalmente sono piu' pessimista".