Foxconn e le altre – 1: il dietro le quinte tra luci e ombre dei gadget della Apple
Il 28 giugno scorso la ong americana China Labor Watch ha pubblicato un dossier in cui denuncia le condizioni di lavoro in nove stabilimenti che forniscono il colosso americano e chiede di cambiare sistema. China Channel vi presenta i risultati del dossier in cinque puntate
Il 28 giugno scorso la ong americana China Labor Watch ha pubblicato un dossier in cui denuncia le condizioni di lavoro in nove stabilimenti che forniscono il colosso americano e chiede di cambiare sistema. China Channel vi presenta i risultati del dossier in cinque puntate
Milano, 9 luglio 2012 - In principio fu Foxconn: 18 tentativi di suicidio nel 2010, quattordici dei quali raggiunsero il tragico scopo, erano l'indice che dietro la facciata immacolata dei prodotti Apple, di cui l'azienda cinese è fornitore, qualcosa nel meccanismo di lavoro si era inceppato. Foxconn, alias Hon Hai Precision Industry Company Limited, multinazionale con sede a Taipei, 13 stabilimenti solo in Cina nei quali si producono iPhone e iPad, ma anche componenti per la Xbox Microsfot e la Playstation targata Sony, era finita nell'occhio del ciclone mediatico a causa dei turni massacranti di oltre 12 ore, incidenti sul lavoro, vitto e alloggio scadenti. E dopo che lo scorso gennaio il colosso di Cupertino aveva spedito una delegazione dell'ong statunitense Fair Labor Association (FLA) a far luce sui problemi di Foxconn, cliente e fornitore si erano impegnati a cambiare tutto ciò che avesse potuto nuocere ai propri dipendenti.
Ma i problemi per Apple non sono finiti: perché per un capitolo Foxconn più o meno chiuso (lo scorso 14 giugno un operaio 23enne si è suicidato e ci sono stati scontri che hanno coinvolto oltre mille dipendenti), nuove pagine si spiegano all'attenzione dell'opinione pubblica e sono quelle nelle quali si descrivono le condizioni di lavoro in altri nove stabilimenti di fornitori della Mela. Altrettanto dure, stando al dossier redatto dalla ong americana China Labor Watch (CLW), domiciliata a New York e guidata dal cinese Li Qiang. Si intitola Beyond Foxconn: Deplorable Working Conditions Characterize Apple's Entire Supply Chain ("Oltre Foxconn: deplorevoli condizioni di lavoro nella filiera produttiva di Apple", ndr), è stato pubblicato il 28 giugno e compara il modello-Foxconn a quello di una decina di fornitori accreditati nell'elenco ufficiale del gigante informatico californiano: AVY, United Win, Dong Yang e Catcher a Suzhou; Riteng e Kenseisha a Shanghai; BYD e Jabil a Shenzhen; infine Tenglong a Changshu. La conclusione più allarmante dello studio americano è che tra queste nove aziende c'è chi dà del filo da torcere alle condizioni disumane che avevano fatto scoppiare lo scandalo Foxconn.
A partire da gennaio, proprio quando gli osservatori della FLA smontavano le tende (e, secondo CLW, senza scoprire niente di nuovo), Li Qiang e i suoi hanno condotto interviste agli operai, redatto questionari e, dove sono riusciti, visitato in prima persona alcuni stabilimenti dei partner di Apple situati sul delta del Fiume delle Perle. Da alcuni stabilimenti a Shanghai e nella provincia di Jiangsu gli osservatori di CLW dichiarano di essere stati allontanati dalla polizia mentre cercavano di portare a termine il loro compito: documentare il lavoro per la Mela. Per ogni struttura sono stati esaminati: i metodi di ricerca e assunzione dei lavoratori; salario, orari e turni in fabbrica; misure di sicurezza adottate dalle imprese e i rischi per la salute; infine la quotidianità dei lavoratori tra dormitori, mense e (scarso) tempo libero. Se Foxconn, al centro dell'attenzione mondiale per mesi, ha in effetti apportato alcuni miglioramenti, negli altri stabilimenti resta ancora molto da fare.
Gli operai lavorano alle catene di montaggio una media di 10 ore al giorno, in turni di 12 ore interrotti da pause di 30 o 40 minuti per i pasti; gli straordinari sono quotidiana ordinaria amministrazione e particolarmente nei mesi più intensi, possono occupare l'intera giornata di sabato e di domenica, lasciando agli operai solo un giorno di riposo ogni due mesi o più; il luogo di lavoro è spesso insalubre o pericoloso e i dipendenti non vengono formati alla gestione dei rischi e di eventuali incidenti. Queste condizioni si aggravano nel caso dei lavoratori assegnati alle fabbriche da agenzie interinali e intermediari che lucrano sulla ricerca di un'occupazione da parte dei più giovani: per la categoria dell'operaio con contratto a termine infatti non esistono clausule che impegnino l'azienda e i loro salari sono spesso più bassi, nonostante il carico e il tipo di lavoro non differiscano dai quelli dei dipendenti stabilizzati. La pratica di impiegare lavoratori procacciati da agenzie sarebbe, secondo China Labor Watch, presente in tutte le aziende esaminate tranne Foxconn e il suo abuso rappresenterebbe uno il primo problema da risolvere. La ong chiude il dossier-denuncia con una lettera indirizzata al numero uno di Cupertino in cui chiede di rivedere alla radice l'organizzazione del lavoro dei fornitori della Mela.
In marzo l'amministratore delegato di Apple ed erede spirituale di Steve Jobs, Tim Cook, ha visitato gli stabilimenti in Cina, accolto dai piani alti di Pechino come un capo di stato. E con un monito del premier designato del Dragone, Li Keqiang che, come l'agenzia di stampa di partito, la Xinhua, in un discorso ufficiale ha sollecito Apple, come altri operatori internazionali, "a prestare maggiore attenzione alla vita dei lavoratori".