Elezioni a Hong Kong, equilibrio tra democratici
e forze filo-Pechino: Il successo è dei radicali


	
Il 9 settembre si sono tenute le elezioni nella ex-colonia britannica. Il partito vicino al governo continentale detiene ancora la maggioranza, mentre i democratici mantengono il potere di veto. Su i consensi per i radicali grazie alle manifestazioni
Il governatore di Hong Kong, Leung Chun-Ying, apre un’urna elettorale per il conteggio voti


Il 9 settembre si sono tenute le elezioni nella ex-colonia britannica. Il partito vicino al governo continentale detiene ancora la maggioranza, mentre i democratici mantengono il potere di veto. Su i consensi per i radicali grazie alle manifestazioni

di Valeria Gazzoni

Hong Kong, 10 settembre 2012 - Le elezioni nella ex-colonia britannica si sono concluse lasciando invariati gli equilibri tra le diverse forze politiche che siedono in Parlamento. I partiti democratici di Hong Kong hanno mantenuto il proprio potere di veto sulle leggi proposte dopo aver guadagnato quattro seggi in questa tornata elettorale che metteva a disposizione 10 posti in più nel Consiglio Legislativo, portandoli a 70. Le forze pro-democratiche non sono riuscite a trasformare il sostegno dei manifestanti anti-educazione patriottica in gettoni elettorali: hanno conquistato il 60% dei consensi, trasformati in base alla legge elettorale in soli 27 seggi rispetto ai 43 dello schieramento filo-pechinese.

Lo storico Partito Democratico di Hong Kong ha ottenuto in questa sessione elettorale solo 4 seggi rispetto agli 8 che occupava in precedenza. Questo risultato, che ha deluso e portato alle dimissioni il leader dello schieramento Albert Ho, è dovuto anche alla grande forza di attrazione che hanno riscontrato sui giovani i candidati democratici più radicali. La Lega dei social democratici e del potere del popolo ha guadagnato due seggi, portando la propria presenza in parlamento a 5 deputati.

Il vero vincitore delle elezioni sembrerebbe essere lo status quo: i democratici sono riusciti a mantenersi sopra quota un terzo dei seggi, soglia che gli garantisce il potere di veto sulle leggi proposte al Parlamento unicamerale della Regione Amministrativa Speciale, mentre le forze vicine al governo continentale detengono ancora la maggioranza. Il primo partito della città rimane l'Alleanza democratica per il miglioramento e il progresso di Hong Kong, uno schieramento filo-Pechino, che passa da 10 a 13 seggi su 70.

Il successo dei democratici sta nell'aver innalzato l'affluenza al 53%: un record dovuto alla mobilitazione pubblica contro l'ipotesi di introdurre nelle scuole hongkonghesi un programma di educazione nazionalistica cinese, progetto che è stato reso facoltativo proprio alla vigilia delle elezioni. Il compito più importante che spetta al Parlamento di Hong Kong è l'introduzione, entro il 2017, del suffragio universale. Un compito per il quale potrebbe rivelarsi determinante il potere di veto mantenuto dalle forze democratiche.

Il sistema elettorale nella ex-colonia prevede l'elezione di 70 membri per il Legco (Legislative Council of Hong Kong), di cui 30 scelti da grandi elettori, lobbisti in gran parte schierati con il governo di Pechino, e, per la prima volta nel 2012, 40 eletti tramite suffragio diretto. Il Chief Executive di Hong Kong, Leung Chun-Ying, capo del governo di coalizione creato dai parlamentari, è stato eletto da un comitato di 1200 persone designate da grandi elettori di numerosi settori della vita economica e sociale della città: la sua figura dovrebbe rimanere sopra le parti politiche, anche se i rappresentanti dei settori chiave del comitato sono spesso su posizioni vicine al governo della Cina mainland. Entro i prossimi 5 anni la Regione dovrà introdurre il suffragio universale per l'elezione del capo dell'esecutivo ed entro il 2020 per i membri del parlamento.

[email protected], Twitter: @ValeriaGazzoni

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