E’ l’acqua il super nemico di Shanghai:
la metropoli prima al mondo per rischio inondazioni


	
  Tre studiosi hanno analizzato nove città adagiate sul delta di un fiume e affacciate sul mare e hanno stabilito che il gigante orientale corre i maggiori pericoli. Si deve correre ai ripari, anche in previsione del futuro
Nuvole oscurano il cielo di Shanghai al passaggio del tifone Bolaven il 27 agosto 2012
 

Tre studiosi hanno analizzato nove città adagiate sul delta di un fiume e affacciate sul mare e hanno stabilito che il gigante orientale corre i maggiori pericoli. Si deve correre ai ripari, anche in previsione del futuro



di Luca Zorloni (左露珂)

Shanghai, 27 agosto 2012 – Il tifone Haikui ha lasciato lo scorso 8 agosto Shanghai con un bilancio di due morti, 50 case distrutte e 361mila persone evacuate (fonte Xinhua). Era l'ultima (per ora) stazione di un calvario che aveva già visto la metropoli asiatica fustigata in pochi giorni da due tempeste tropicali, Damrey e Saola (3 agosto), in un fine settimana fatale per 23 persone, come ha riportato l'agenzia AgiChina24. Ma sarebbe cambiato qualcosa se l'amministrazione municipale di Shanghai avesse saputo che la città, numero uno al mondo per popolazione, detiene anche il primato per rischio inondazioni? Il verdetto arriva da uno studio pubblicato il 16 giugno sulla rivista scientifica Natural Hazards.

I professori Balica, Wright e van der Meulen dell'Institute for Water Education dell'Unesco hanno messo sotto il microscopio le caratteristiche di nove città campione, tutte adagiate sul delta di un fiume – Shanghai, Calcutta, Casablanca, Dhaka, Manila, Buenos Aires, Osaka, Marsiglia e Rotterdam – e hanno stabilito un Coastal City Flood Vulnerability Index (CCFVI, indice di vulnerabilità alle inondazioni delle città costiere). Conclusione: Shanghai corre i maggiori pericoli. Oggi e domani. Perché, secondo applicazioni della ricerca a scenari futuri, nel 2100 i cambiamenti climatici e sociali aggraveranno la situazione del colosso sorto sul delta del Chang Jiang, il cosiddetto Fiume Azzurro.

Ma come ha fatto Shanghai ad aggiudicarsi lo sfortunato titolo? La risposta sta nei parametri adottati dal trio Balica-Wright-van der Meulen per costruire il CCFVI. L'indice considera tre fattori correlati: la situazione idro-geologica, legata alla morfologia del territorio su cui sorge la città; gli elementi di natura socio-economica, che valutano l'impatto del disastro sulla vita quotidiana dei residenti e sulle attività locali; la componente politico-amministrativa, che interessa le operazioni istituzionali indirizzate a fronteggiare eventi catastrofici. In tutti e tre un'inondazione si potrebbe trasformare in un cataclisma per Shanghai.

Dal punto di vista idrogeologico il delta del Chang Jiang è una calamita per inondazioni (indice 1, il massimo, seguita da Manila, 0,81, e Dhaka, 0,74). L'estrema lunghezza della costa su cui si affaccia la città cinese e la portata degli scarichi del corso d'acqua sono i principali fattori che compromettono la sicurezza di Shanghai, come ha dimostrato la sfilza di tempeste tropicali di quest'estate. La megalopoli si trova a 4 metri sul livello del mare e oltre un decimo della sua estensione (697 chilometri quadrati su 6.340,5 complessivi) è occupata da acqua, distribuita tra laghi e fiume.

A Shanghai e hinterland abitano 23 milioni di persone (dato del 2010), che ne fanno la metropoli più popolosa del globo. E di conseguenza quella in cui una catastrofe naturale rappresenta un pericolo per un ingente numero di persone. Ma la componente sociale del CCFVI, del quale la città ha indice 1 (seguita da Dhaka a 0,82 e, a grande distanza, da Calcutta con 0,49), considera anche la percentuale di disabili, la preparazione degli abitanti a fronteggiare calamità naturali e la presenza di monumenti di rilievo storico e culturale.

Conforterà gli industriali locali sapere che, sul fronte economico, Shanghai ha le forze (e le infrastrutture) per assorbire un disastro senza che questo abbia un impatto devastante sulla produzione. E infatti nella scala CCFVI si colloca al quarto posto dietro Manila, Calcutta e Dhaka, rispettivamente al primo, secondo e terzo. Di contro, sul fronte della gestione politico-amministrativa la municipalità ha una bassa determinazione, uno sparuto numero di organizzazioni istituzionali capaci di gestire la crisi e uno scarto “imponderabile” dello 0,6% nella programmazione contro le 0,2 delle altre città campione.

E non pensiate che in futuro migliorerà. Tra le conseguenze del riscaldamento globale gli scienziati annoverano proprio l'innalzamento dei mari e l'aumento di tifoni sempre più violenti. Il che significa che o la popolazione è cosciente e preparata a gestire un'inondazione o per i governanti delle città costiere crescerà il numero di gatte da pelare. Gli esperti dell'Expo di Shanghai nel 2010 hanno predetto che entro la metà del secolo la megalopoli accoglierà 50 milioni di abitanti e quindi moltiplicherà all'ennesima potenza i problemi evidenziati dal CCFVI (aumento della vulnerabilità di 1,27 punti). Nel 2100 Shanghai sarà ancora la città al mondo con il maggior rischio di finire sott'acqua: se poteva andare peggio di così, è successo. Gli scienziati mettono le mani avanti e spiegano che il loro indice ha delle debolezze, tra cui la veridicità dei dati su cui i calcoli sono basati e la disuguaglianza degli indicatori.

E la Cina cerca di non farsi trovare impreparata. Lo scorso primo marzo il Bureau of Hydrology cinese ha organizzato un seminario di studi su un progetto di Urban Flood Risk Management applicato in Tailandia e Vietnam per importare buone pratiche nella gestione delle crisi legate a questi fenomeni. Resta la spada di Damocle che pende dal cielo sul capo di Shanghai. Osaka, più vicina, e Rotterdam sulla lunga distanza possono essere una meta dove trasferirsi, poiché hanno il minor profilo di rischio secondo lo studio. Altrimenti non resta che guardarsi indietro. Shanghai è al suo posto dal quinto secolo dopo Cristo: da allora ne è passata di acqua sotto i ponti.

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