Foxconn e le altre – 3: chiusi in fabbrica
per 24 ore e 29 giorni. Vietato lamentarsi


	
  Continua il viaggio degli osservatori di China Labor Watch nelle fabbriche che riforniscono la Mela. Sotto la lente i turni di lavoro, la busta paga e le misure di sicurezza adottate dalle aziende. Ma anche le politiche di lavoro. Perché alle volte serve un permesso scritto persino per andare in bagno
Operaie impiegate su una catena di montaggio della Foxconn


 

Continua il viaggio degli osservatori di China Labor Watch nelle fabbriche che riforniscono la Mela. Sotto la lente i turni di lavoro, la busta paga e le misure di sicurezza adottate dalle aziende. Ma anche le politiche di lavoro. Perché alle volte serve un permesso scritto persino per andare in bagno



di Luca Zorloni (左 露珂)

Milano, 11 luglio 2012 – Alla Riteng di Shanghai, azienda fornitrice della Apple, i lavoratori non conoscono il significato dell'espressione Thank God it's Friday (Grazie a Dio è venerdì, ndr), e non solo perché la padronanza dell'inglese non è tra i titoli richiesti per entrare nelle catene di assemblaggio di iPad e iPhone, ma perché, secondo lo studio condotto dall'organizzazione americana China Labor Watch (CLW), lavorano in media 29,35 giorni al mese. Quindi tolto novembre, con aprile, giugno e settembre e il capriccioso febbraio, solo nei restanti mesi i dipendenti Riteng possono ambire a un weekend di stacco dalla catena di montaggio. Stando ai dati raccolti dalla ong statunitense, gli operai del partner della Mela stanno in fabbrica in media 345,74 ore al mese e ne ricavano un salario di 2.833,63 Renmibi (tra i 1.300 del minimo sindacale e i 3.600 del meglio retribuito), pari a 8,3 yuan all'ora. In dollari troverebbero in busta paga 450 $ per una media oraria di 1,3 dollari.

Non è una caso che dalle risposte dei 68 lavoratori (su 20mila) che hanno compilato il questionario somministrato loro dai volontari di China Labor Watch, il 49,3% abbia confessato di essere molto insoddisfatto del proprio orario di lavoro e il 55,1% del salario. E dire che tra i colleghi delle nove aziende studiate dall'associazione a stelle e strisce gli operai Riteng sono quelli che sulla carta guadagnerebbero di più: 2.833 e qualche centesimo di Renminbi contro i 2.493,44 di Jabil, i 2.501,41 di Foxconn, di 2.572,39 di BYD. Ma a conti fatti è il contrario: 8,2 yuan rispetto ai 10,14, ai 10,5 e agli 8,82 degli altri partner Apple. Non pensiate questi ultimi siano contenti: si limitano a fare spallucce su carico di lavoro e busta paga. Alla BYD di Shenzhen ad esempio, che occupa 30mila persone e dove la retribuzione è calcolata sul numero dei pezzi prodotti, CLW riporta che gli operai non sanno con esattezza se quanto guadagnano è pari a quanto sfornano, visto che il dato è tenuto segreto, ma poiché la paga sembra sufficientemente allineata al carico di lavoro, nessuno si lamenta. Alla Tenglong invece, i dipendenti sono tenuti a partecipare a un brief quindici minuti prima dell'inizio del loro turno, ma il quarto d'ora non è riconosciuto a fine mese.

Alla ong americana risulterebbero problemi anche nella gestione delle presenze. La pratica più diffusa tra i fornitori di Apple consiste nel dividere la giornata in due macro-turni, diurno e notturno, da 11-12 ore l'uno con pause per i pasti dai 30 ai 60 minuti e straordinari all'ordine del giorno (alla TOYO possono raggiungere le 300 ore mensili). La manodopera della Catcher sarebbe libera di scegliere se fare o meno straordinari e la politica dell'azienda è di non discriminare chi opta per il no. Succede però, stando al dossier, che i lavoratori interinali assegnati che adottano questa linea per lungo tempo finiscono per tornare al mittente, con il rischio di essere messi in cattiva luce agli occhi dell'agenzia di collocamento e di rischiare un domani di non trovare un impiego. E tutto ciò per straordinari inferiori al minimo sindacale, perché stando a CLW, sono calcolati su un salario inferiore a quello riconosciuto dalla retribuzione base ai lavoratori, 1.140 RMB contro 1.380, in chiara violazione della legge. Sempre nella fabbrica di Suzhou bastano 10 minuti di ritardo perché sia decurtato un quarto del bonus mensile da 100 Renminbi (16 dollari); sforato quel limite l'intera somma viene dedotta poiché il lavoratore viene considerato assente. Stare in catena di montaggio non è un mestiere facile.

Alla Riteng i lavoratori assemblano in piedi e hanno bisogno di un permesso scritto del team leader per poter andare in bagno; alla Catcher invece è consigliato bisbigliare per comunicare con il vicino, perché le chiacchierate a voce alta sono oggetto delle rampogne del manager di linea. Abusi verbali sono stati denunciati anche alla BYD, mentre alla Jabil la maggioranza si divide tra chi è immune alla cosa (31,7% indifferenti) e chi raramente ne è stato oggetto (36,5%). Altrettanto pesanti le condizioni ai cambi turno: se alla Jabil gli operai alla fine di ogni mese hanno un giorno di riposo per adattarsi al nuovo orario, i dipendenti della AVY di Suzhou al contrario hanno raccontato agli osservatori americani che il giorno del cambio turno sono costretti a lavorare per 24 ore consecutive e solo quelli che passano dal notturno al diurno hanno poi diritto a una pausa.

E tutto questo in condizioni di lavoro spesso precarie: alla BYD e alla Riteng circa 7 lavoratori su 10 (e in Jabil e Foxconn 4 su 10) hanno spiegato alla ong americana di aver ricevuto dell'azienda un equipaggiamento protettivo, ma inadeguato. Alla Riteng inoltre, dove il 47,3% dei dipendenti ha ammesso di non aver mai fatto un corso di sicurezza, i pezzi migliori sarebbero riservati agli ospiti in visita. Polvere, residui di metallo talmente sottili da infilarsi nei polmoni, prodotti chimici pericolosi e un basso livello di radiazioni fanno parte dell'habitat degli impiegati dei partner della Mela. Non ci sono controlli sulle pratiche preventive, come succede alla Kenseisha, e i materiali sono scadenti. Fotografie scattate dagli osservatori della CLW testimoniano che i lavoratori della Catcher, nonostante le mascherine, respirano quotidianamente polvere di metallo, come dimostrano le tracce sulle narici. Dalle pagine del dossier emergono anche i casi di incidente: un impiegato della AVY ha raccontato che un potente liquido corrosivo è colato nei suoi guanti e gli ha bruciato le mani (ma l'azienda ha coperto le spese mediche), mentre alla BYD si sono verificati quattro infortuni alle macchine laser. Pare che nell'ottobre di due anni fa la CLW abbia avuto conferma di 40 ricoveri per altrettanti lavoratori della United Win di Suzhou esposti a materiali tossici (anche qui la società ha pagato le cure). Nell'azienda, dove i prezzi dei prodotti lievitavano senza che i salari andassero dietro, alla fine è persino scoppiato uno sciopero. Breve e poco partecipato. Ma pur sempre sciopero.

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