La Cina conquista l’Africa con sit-com e tg: Pechino esporta la televisione di Stato
Operativi da gennaio gli uffici di Nairobi della CCTV, l'emittente di stato del Dragone, che ora mira a fare propri anche gli spettatori del continente nero. Con una strategia che guarda tutta ai palinsesti mobile. E' lo smartphone per accaparrarsi il piccolo schermo
Operativi da gennaio gli uffici di Nairobi della CCTV, l'emittente di stato del Dragone, che ora mira a fare propri anche gli spettatori del continente nero. Con una strategia che guarda tutta ai palinsesti mobile. E' lo smartphone per accaparrarsi il piccolo schermo
di Luca Zorloni (左露珂)
Pechino, 9 maggio 2012 – HSL, “hic sunt leones”, era la sigla che i Romani facevano correre coast to coast sulle cartine geografiche dell'Africa nera. I cinesi l'hanno sostituita con CCTV, China Central Television. Dove scorrazzavano i leoni ora viaggiano le frequenze dell'emittente di stato di Pechino, che bracca i televisori ma anche pc, telefonini, smartphone e tablet, oggi 12 milioni nel continente ma destinati secondo l'istituto londinese Informa a diventare 265 entro tre anni. Un boom che fa gola. Dall'11 gennaio scorso a guidare le operazioni ci pensa un canale dedicato, CCTV Africa, con sede a Nairobi, la prima fuori dai confini del Paese di Mezzo, 100 impiegati e un programma di un'ora interamente prodotto in loco in aggiunta al palinsesto in lingua inglese. E dove non arrivano le frequenze di Dstv, il maggior provider satellitare del continente e distributore di CCTV, l'hub orientale accumula spettatori via smartphone con i contenuti mobile del pacchetto “I love Africa”.
La leggenda vuole che davanti al popolo affamato di Parigi Maria Antonietta abbia detto: “Se non hanno il pane, date loro brioche”. La Cina invece gli fornisce la tv. Buona o cattiva maestra. Nelle intenzioni dichiarate dei papaveri dell'emittente del Partito i palinsesti cinesi dovranno costruire “un ponte tra Pechino e l'Africa e favorire la reciproca conoscenza”, ma dietro il logo della CCTV si nasconde la testa d'ariete di un assedio mediatico ai canali americani, che trasmettono nel continente dagli anni Ottanta e hanno consolidato un'audience affezionata ai format a stelle e strisce. Serie tv, sit-com, telegiornali e documentari concorrono a un lifting all'immagine pubblica del Dragone, finora rappresentato da società petrolifere e di estrazione mineraria che corteggiano il potere (vedi il caso del nuovo palazzo dell'Unione Africana ad Addis Abeba, finanziato per intero da Pechino) per avere poi mano libera sulle materie prime del continente nero.
Dal 2009 il Paese di Mezzo ha bruciato i rivali occidentali diventando il partner commerciale numero uno dell'Africa. E dopo aver esportato alimentari, beni di consumo e società, arriva il piccolo schermo. Lo ha suggerito il governo stesso: vendere all'estero i media made in China, specie in aree strategiche come l'Africa, dove l'informazione del Dragone ha già affondato le proprie zampe. Come riporta il New York Times, l'agenzia stampa Xinhua può contare su 20 uffici di corrispondenza sparsi nel continente, in Sud Africa è stata da poco aperta una casa editrice cinese e tra il 2004 e il 2011 numerosi addetti stampa dei governi africani hanno frequentato i corsi di relazioni pubbliche tenuti da docenti del Celeste Impero.
Ma perché le notizie corrano, servono strade su cui farle viaggiare. Come gli antichi romani, i cinesi fabbricano le rotte dei loro hub. E, guarda caso, di mezzo c'è ancora una volta un'azienda di Stato: la Huawei Technologies, partecipata dell'Esercito, che meno di un anno fa ha lanciato sul mercato africano Ideos, smartphone per sistema Android con una caratteristica particolare: costa “appena” 100 euro. Ed è di conseguenza diventato il più venduto in Kenya. Si sfiorano i 100mila pezzi per questo telefonino che all'occorrenza può diventare un hotspot wifi da 3 giga a cui connettere fino a 8 device. Una sorta di ripetitore portatile, per trasferire l'informazione fin nel cuore dell'Africa nera. I leoni, i leoni invece si sono trasferiti da tutt'altra parte.