Kung Fu Panda va a Shanghai
La Dreamworks apre una major “made in China”


	
  Entro fine anno sarà attiva la casa di produzione, ribattezzata "Oriental Dreamworks" e proiettata sia al mercato interno che a quello estero. Il primo film totalmente cinese sarà prodotto entro il 2016, ma non sarà il terzo episodio della saga di "Kung Fu Panda"
Kung Fu Panda
 

Entro fine anno sarà attiva la casa di produzione, ribattezzata "Oriental Dreamworks" e proiettata sia al mercato interno che a quello estero. Il primo film totalmente cinese sarà prodotto entro il 2016, ma non sarà il terzo episodio della saga di "Kung Fu Panda"

 

di Luca Zorloni (左 露珂)

Shanghai, 27 febbraio 2012 – Kung Fu Panda torna a casa. Lo accompagna "mamma" Dreamworks Animation, che sbarcherà a Shanghai, la culla del cinema cinese, ed entro il 2016 sfornerà una pellicola prodotta per intero negli studios orientali. Sono questi alcuni degli obiettivi fissati dalla joint venture che la major di Steven Spielberg ha sottoscritto con i due colossi dell’intrattenimento cinese China Media Capital e Shanghai Media Group e con la società partecipata della municipalità di Shanghai, la Shanghai Alliance Investment. Davanti al dilagante successo al botteghino dei blockbuster a stelle e strisce, il Dragone ha risposto offrendo a Hollywood una colonia a Est. "La Cina apre al mercato cinematografico Usa", ha detto il vicepresidente della società californiana Joe Biden, dopo l'incontro con il presidente cinese designato Xi Jinping, in missione in America la scorsa settimana.

La Oriental Dreamworks – così la società è stata ribattezzata nei corridoi di Los Angeles – avvierà la produzione nell'ex capitale delle pellicole cinesi entro la fine di quest'anno con un capitale di partenza di 330 milioni di dollari e una ripartizione delle quote suddivisa approssimativamente tra un 45% al colosso californiano e la maggioranza (55%) alla cordata cinese. In testa c'è il China Media Capital, la prima azienda del Dragone che sviluppa intrattenimento con ambizioni oltre la Muraglia. Di un'azienda orientata al mercato globale parla anche il presidente di CMC Ruigang Li, che confida nel mix tra le capacità produttive della Dreamworks, l'expertise sul mercato cinese delle aziende locali unite al sostegno tecnologico della Shanghai Alliance Investment. China Media Capital, sostenuta dalla Banca Cinese per lo Sviluppo, partecipa con quote in China News Corporation e in Fortune Star, il più grande archivio di film in Asia.

Medaglia d'argento per lo Shanghai Media Group, che ha il più grande portfolio di canali legati al business (29 tv tra analogico e digitale), 11 frequenze radio, 9 tra quotidiani e magazine ed è tra i padri fondatori della CMC. Infine ci sono i denari della Shaghai Alliance Investment, partecipata dell'amministrazione pubblica della municipalità cittadina, fondata nel '94, con interessi nei più svariati settori produttivi, purché siano fruttuosi. Dall'hi-tech alla finanza,  dalla salute alla scienza, la in-house fa affari ovunque e ai suoi tecnici sarebbe stato affidato il compito di sviluppare i reparti di ricerca e sviluppo e le tecnologie necessarie per sfornare pellicole all'altezza di quelle di Hollywood.

A dispetto del valore simbolico dell'operazione, il primo frutto delle fatiche della Oriental Dreamworks non sarà il terzo episodio della saga di "Kung Fu Panda" e questo nonostante il successo che i precedenti film di Po & company hanno riscosso al botteghino. Nel 2008 il debutto sul grande schermo del peso massimo delle arti marziali aveva fatto registrare un boom al box office, superato solo l'anno scorso dal sequel, che ha guadagnato la cifra record di 100 milioni di dollari, mai raggiunta prima nel Paese di Mezzo da un film di animazione. Ci sono i presupposti per guadagnare nell'ex Impero Celeste. Un affare già fiutato dal tycoon dei media Bruno Wu, patron della Sun Television di Hong Kong, un mese fa in missione nella mecca del cinema mondiale per accapararsi una casa di produzione.

La reazione degli addetti ai lavori di Hollywood è stata tiepida: molti temono che la Oriental Dreamworks  offra maestranze a basso costo e scateni una concorrenza interna all'azienda, provocando esuberi in America. La Cina ha saputo giocare le sue carte per ingolosire gli investitori statutinensi e non solo vantando 31 miliardi di renmibi guadagnati dal cinema a stelle e strisce nelle sale della Repubblica Popolare. L'ostacolo maggiore per le major è rappresentato dal limite imposto dal Dragone all'import di pellicole: non più di 20 in un anno. Così a convincere la Dreamworks ha contribuito la clausola con cui la Cina permette alle compagnie Usa di esportare 14 formati premium, come IMAX o il 3D, e aumentatare la distribuzione a livello privato. Agli spettatori l'ultima parola.

Scrivete a China Channel:
[email protected]

China Channel su Facebook China Channel Quotidiano.net su Facebook China Channel su Twitter China Channel Quotidiano.net su Twitter
Foto del giorno
La cascata di ghiaccio

nello Shhanxi fa talmente freddo che le spettacolorrio cascate di Hukou si sono ghiacciate offrendo uno spettacolo straordinarioNello Shaanxi fa talmente freddo che le spettacolari cascate di Hukou si sono ghiacciate offrendo uno spettacolo straordinario

CHINA NEWS


  • Notizie Locali
  • il Resto del Carlino:
  • La Nazione
  • Il Giorno
  • Blog
Copyright © 2013 MONRIF NET S.r.l. - Dati societari - P.Iva 12741650159, a company of MONRIF GROUP