“Oggi mi compro una major del cinema”
Pechino tenta la scalata a Hollywood


	
Missione del tycoon dei media del Dragone Bruno Wu nella Mecca del cinema a stelle e strisce. Le pellicole americane vanno forte in patria e nell'ultimo anno hanno guadagnato 31 miliardi di renmibi, quindi la Cina cerca l'affare sotto i riflettori
Il Chinese Theatre a Hollywood


Missione del tycoon dei media del Dragone Bruno Wu nella Mecca del cinema a stelle e strisce. Le pellicole americane vanno forte in patria e nell'ultimo anno hanno guadagnato 31 miliardi di renmibi, quindi la Cina cerca l'affare sotto i riflettori



di Luca Zorloni ( 露珂)

Pechino, 2 febbraio 2012 – Pechino goes to Hollywood. Il tycoon dei media cinesi Bruno Wu è stato in missione nella Mecca del cinema statunitense per sondare la possibilità di acquistare una delle major americane e allargare gli interessi economici del Paese di Mezzo all’industria dei blockbuster. Secondo il Financial Times, Wu guiderebbe un consorzio di investitori del Dragone e avrebbe tentato in un primo momento di acquisire la Summit Entertainment, che ha prodotto il successo globale come quello dei vampiri di Twilight tanto amati dai teenager, e la Colony Capital, che ha in pancia la Miramax, accorpandole in un’unica grande major. Fonti interne alla missione rivelano che Wu avrebbe perso l’occasione di accapararsi la Lions Gate Entertainment (che a gennaio concluderà l’acquisto della Summit), ma starebbe insistendo nei colloqui con Miramax e a avrebbe addirittura messo gli occhi su una major “ancora più grande”.

Per la Cina lo sbarco a Hollywood è la diretta conseguenza del successo consolidato che le pellicole statunitense riscuotono in patria, dove il box office ha registrato quota 31 miliardi di renmibi nel 2011, il 30% in più dell’anno precedente. Per le produzioni domestiche difendersi è sempre più difficile, nonostante il limite di importazione dagli Usa di 20 pellicole all’anno. Con l’aumento del numero di grandi schermi nel Paese ha spinto la nomenklatura di Pechino a investire prima in partnership con le major a stelle e strisce, poi di controllarle direttamente. L’interesse della Cina per un’affermazione su scala globale anche a livello culturale si era già avvertita il 25 luglio dello scorso anno, quando sul civico 2 di Times Square, l’ombelico pubblicitario del mondo, si erano illuminati i led della rèclame di Xinhua, l’agenzia stampa “voce” della Repubblica popolare cinese.

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