Sudan, 29 operai ostaggio dei ribelli
Massima allerta a Pechino


	
Sabato pomeriggio un attacco delle milizie separatiste al cantiere della Power Construction Corporation of China ha portato al sequestro di una trentina di operai. Ambasciate al lavoro per portarli a casa sani e salvi. I rapitori: "Stanno bene e sono in un luogo sicuro"
Impianto di estrazione petrolifera in Sudan


Sabato pomeriggio un attacco delle milizie separatiste al cantiere della Power Construction Corporation of China ha portato al sequestro di una trentina di operai. Ambasciate al lavoro per portarli a casa sani e salvi. I rapitori: "Stanno bene e sono in un luogo sicuro"



di Luca Zorloni (左 露珂)

Pechino, 30 gennaio 2012 – Stavano lavorando alla costruzione di una strada in Sudan i 29 operai cinesi ostaggio di un gruppo di ribelli da sabato pomeriggio, quando il loro cantiere in è finito nel mirino delle rappresaglie delle milizie separatiste. A Pechino l'allerta è massima poiché da Khartoum arrivano notizie frammentarie e confuse. L'ambasciatore della Repubblica popolare in Sudan ha confermato il numero degli operai rapiti, 29 dei 47 complessivi che la Power Construction Corporation of China aveva destinato ai lavori nei pressi della città di Al-Abbasiya, nel Sud Kordofan. Gli scampati, 18 in totale, sarebbero stati soccorsi dall'esercito sudanese e ricoverati in un luogo sicuro.

Sulla sorte del gruppo più consistente arrivano notizie da Arno Taloudy, portavoce del gruppo che li ha sequestrati, il Movimento Popolare per la Liberazione del Sudan/Settore Nord (SPLM-N), il partito al governo nella regione del Sud del paese che si è staccata dal governo centrale di Khartoum. “Gli operai cinesi scomparsi sabato sono in buone condizioni di salute e sono al sicuro – spiega Taloudi da Nairobi –. Sono stati presi in custodia per la loro salvaguardia, poiché sabato si trovavano in mezzo al fuoco incrociato degli scontri tra le nostre truppe e l'esercito sudanese”.

Liu Weimin, portavoce del Ministero degli Esteri cinese, ha confermato l'allerta massima con cui Pechino sta gestendo l'emergenza e dall'ambasciata in Sudan arriva la smentita della notizia fatta circolare oggi da Khartoum secondo cui 14 ostaggi sarebbero stati liberati dall'esercito del paese centro-africano: "I nostri connazionali sono ancora prigionieri". Aiuti arrivano anche dalla Power Construction, che nel suo quartier generale in Sudan ha istituito una task force per monitorare la situazione. Un dirigente della società, Wang Zhiping, ha aggiunto che sono state immediatamente aumentate le misure di sicurezza per tutelare gli altri operai della compagnia. Ilviceministro degli Esteri Xie Hangsheng ha convocato oggi l'incaricato di affari del Sudan a Pechino, a cui ha presentato la "protesta" ufficiale di Pechino per il sequestro e il governo ha mandato un team sul posto per accelerare i tempi della liberazione.

Per il Dragone, , che intrattiene importanti traffici economici con il Sudan sul fronte dell'estrazione petrolifera e della costruzione di infrastrutture, la notizia è un duro colpo allo sviluppo economico. E la situazione resta tesa. Nello scacchiere politico africano il Sud Kordofan è una delle regioni più instabili, poiché è al centro di una contesa tra il Sudan e lo stato autonomo del Sud Sudan. Quest'ultimo è guidato da uomini del SPLM-N, che hanno rivendicato la propria indipendenza da Khartoum ma negano ufficialmente di sostenere le milizie ribelli. Degenera la sicurezza dei cinesi in Africa dopo che nel Sinai 25 tra ingegneri e tecnici sono stati rapiti dai beduini mentre si recavano al lavoro e rilasciati dopo 15 ore.

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