Allarme cadmio nei fiumi del Guangxi
3,7 milioni di persone senza acqua da bere


	
Disastro ambientale nei fiumi Liujian e Longjian, dove una società di estrazione mineraria ha riversato il metallo cancerogeno. Non si può bere dai rubinetti e in città si esauriscono le scorte di acqua in bottiglia. Task force per risolvere l'incidente, sette dirigenti arrestati
Agenti della polizia ecologica cinese antibatterici  nei serbatoi d’acqua
Disastro ambientale nei fiumi Liujian e Longjian, dove una società di estrazione mineraria ha riversato il metallo cancerogeno. Non si può bere dai rubinetti e in città si esauriscono le scorte di acqua in bottiglia. Task force per risolvere l'incidente, sette dirigenti arrestati



Pechino,  31 gennaio 2012 - Le autorità cinesi hanno arrestato sette dirigenti di aziende chimiche sospettati di aver gettato rifiuti tossici nel fiume
Longjiang nella regione autonoma di Guangxi: un inquinamento che minaccia l'approvvigionamento di acqua potabile per milioni di abitanti, ha riferito la stampa ufficiale. Secondo gli esperti, nelle acque del fiume sarebbero stati rilevati livelli di cadmio, metallo altamente tossico per l'organismo, superiori di 25 volte rispetto alle norme permesse in Cina. L'allarme ha provocato una corsa all'acquisto di acqua in bottiglia a Liuzhou, una città di oltre tre milioni di abitanti. Minacciato anche l'hinterland, dove risiedono oltre 1,5 milioni di persone. "La situazione è grave, perché l'acqua potabile è in pericolo", ha dichiarato He Xinxing, il sindaco della città di Hechi da dove sarebbe partita la contaminazione. Tra le principali aziende sospettate del disastro ambientale c'è la società mineraria Jinhe Mining Co.

 

di Luca Zorloni (左 露珂)

Nanning, 28 gennaio 2012 – Nel fiume Liujian e il suo affluente Longjian scorre veleno. I due corsi d'acqua sono sorvegliati speciali a causa di una contaminazione di cadmio che due settimane fa li ha inquinati e ora rischia di lasciare assetati i 3,7 milioni di abitanti della città di Liuzhou e dell'area circostante nel Guangxi, regione nella parte sud-ovest della Cina. Dietro il disastro ambientale c'è la Guangxi Jinhe Mining Co. Ltd, un impianto di estrazioni minerarie che avrebbe riversato nei fiumi il metallo cancerogeno. Ma è l'unico dato in mano agli inquirenti, che non hanno ancora acclarato per quanto tempo sia durato lo sversamento né in quali quantità. Da giovedì scorso le autorità locali hanno lanciato l'allarme rosso nel tratto inferiore dei fiumi, in prossimità dell'area di Yizhou. Ma qualche avvisaglia avrebbe dovuto far scattare l'allerta già il 15 gennaio, quando erano state segnalate misteriose morie di pesci nelle acque del Liujian.

Il bollettino sullo stato di salute del Liujian fa impallidire, l'inquinamento è di proporzioni colossali. Dai risultati delle analisi effettuate all'acquedotto di Luodong, la quantità di cadmio disciolta nei due fiumi è passata dai 0,0037 milligrammi per litro rilevati il mercoledì prima della scoperta della contaminazione ai 0,0247 di sabato, un livello tre volte più alto della soglia massima consentita perché il metallo non comprometta la salute umana. Domenica alcuni pesci tenuti sotto osservazione in vasche riempite con acqua dolce sono stati trovati morti. La regione autonoma di Guangxi è corsa ai ripari. Sabato scorso i vigili del fuoco hanno immesso oltre 80 tonnellate di cloruro di alluminio, un agente chimico capace di neutralizzare il cadmio e si attendono i risultati di questa operazioni. Aiuti arrivano anche dal Ministero dell'Ambiente, che ha predisposto una task force da mandare sul luogo per monitorare la situazione e coordinare le operazioni di bonifica.

Ma nel frattempo il panico dilaga a Liuzhou, dove l'allarme cadmio ha scatenato scene apocalittiche. Dopo che le istituzioni locali hanno sconsigliato di bere dai rubinetti di casa, si è scatenata una vera e propria caccia all'acqua in bottiglia. Le scorte dei supermercati si sono esaurite in poche ore e gli scaffali vuoti hanno reso più tangibile la tensione. Le autorità hanno cercato di arginare il panico collettivo pubblicando in tempo reale i risultati delle analisi sullo stato di salute del Longjian e aumentando i controlli sui rifornimenti di liquidi imbottigliati in città, che si trova a 130 chilometri da luogo dell'incidente. A Liuzhou sono inoltre stati deviati approvvigionamenti idrici dagli acquedotti posti più in alto rispetto all'area contaminata, con l'obiettivo di diluire la presenza di cadmio, ma i residenti hanno preferito limitare all'igiene personale il contatto con l'acqua potabile delle condutture cittadine. E resta la paura che 3,7 milioni di personre rimangano da un momento all'altro senza acqua da bere.

Nel Paese di Mezzo è ormai allarme acque dolci. Un disastro simile a quello del Liujian si era già verificato nel 2005. Allora era stato il fiume Shonghua la vittima di un incidente in uno stabilimento della China National Petroleum Corp, che aveva disperso oltre 100 tonnellate di prodotti tossici. La contaminazione aveva lambito la città di Harbin e per diversi giorni quasi 10 milioni di cinesi erano rimasti senza acqua corrente. Doveva servire da lezione per alzare il livello di vigilanza sui fiumi. E invece anni dopo il copione si ripete.

 

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