Baidu & company:
così il web cinese
lancia la sfida al mondo


	
  Parola di Kaiser Kuo, il direttore comunicazione del principale motore di ricerca del Dragone. Oggi la Cina ha la maggiore popolazione di internauti ed è destinata a crescere. Offrendo anche tecnologie innovative che scalzano quelle dell'Occidente: "Chi ha detto che la nostra società non sa produrre novità?"
Kaiser Kuo, il direttore comunicazione di Baidu (foto Meet the media Guru)


 

Parola di Kaiser Kuo, il direttore comunicazione del principale motore di ricerca del Dragone. Oggi la Cina ha la maggiore popolazione di internauti ed è destinata a crescere. Offrendo anche tecnologie innovative che scalzano quelle dell'Occidente: "Chi ha detto che la nostra società non sa produrre novità?"



di Luca Zorloni

Milano, 4 giugno 2013 - Nato Guo Yiguang, il direttore della comunicazione di Baidu, il cosiddetto Google cinese, è meglio noto al mondo con il nome di Kaiser Kuo. I capelli lunghi da cantante metal sono forse il tratto più caratteristico di questo manager di 47 anni con in tasca una laurea a Berkeley, che ancora canta in una band (gli Spring & Autumn). Del rock gli è rimasto appiccicata anche un'ironia provocatoria. Così, discutendo a Milano (nella cornice degli incontri targati “Meet the media guru”) del web cinese e delle opportunità di sviluppo nel Paese di Mezzo, ha detto: “In Occidente si pensa che la Cina non possa essere un paese innovativo perché c'è la censura di Stato. Neanche la Milano di Ludovico Sforza doveva essere molto più libera, eppure Leonardo è l'individuo più innovativo della storia”. Touché.

Baidu (che letteralmente vuol dire “centinaia di volte”) non è la copia “made in China” di Google, ma un motore di ricerca agguerrito che dà del filo da torcere alla società di Mountain View. Non solo perché in Cina il 71% delle ricerche passa attraverso di ricerca guidato da Kuo (parliamo di oltre cinque milioni di operazioni al giorno), ma anche perché Baidu ha una tecnologia all'avanguardia. Permette di fare ricerche partendo da una foto. “Se fotografi la copertina di un libro, ti indirizza alla pagina di quel libro su un bookstore, se fotografi un individuo cerca rispondenze nel web”, spiega Kuo. E se scatti un'istantanea di un testo, Baidu lo traduce in cinese. Chi ricerca due città insieme, ottiene tra i primi risultati pagine sui mezzi di trasporto.

E il cervellone ha programmi specifici per comprendere il linguaggio parlato e utilizzarlo come dato per passare al setaccio la rete. Il gigante – 22mila dipendenti – ora cerca mercati oltre confine. Kuo spiega che si espanderà “nel Sud-est asiatico, in America Latina e in Africa orientale”. Google non avrà vita facile. Come tante altre società della web-economy. Prendi Wechat, l'applicazione di instant messaging che sta mettendo i bastoni tra le ruote a Whatsapp. Da dove arriva? Dalla Cina.

Il peso specifico del Dragone nel cyberspazio è già notevole e destinato ad aumentare. Secondo dati dell'Economist, nel 2012 gli internauti cinesi erano 564 milioni e nel 2016 (ricerca Statista) saranno 700 milioni, più del doppio degli statunitensi. Oltre a essere tanti, i cinesi stanno volentieri sul web. Il 74,5% di loro si connette da dispositivi mobile (ricerca Forbes) e l'anno passato poco meno della metà (il 42,9%) ha fatto un acquisto online. Totale delle transazioni: sei trilioni. “L'idea che l'Occidente ha del web cinese – prosegue Kuo – è però alimentata da luogo comuni”.

In primis, secondo il manager di Baidu, quelli relativi alla censura. Vedi alla voce “Scudo dorato”, alias il Great Firewall, il sistema di sorveglianza del web gestito dal Ministero della Pubblica sicurezza. “Si è sviluppata un'opinione sbagliata, che esistano due reti: quella libera di tutti e quella censurata della Cina – osserva Kuo – ma è una visione molto lontana dalla realtà”. Il manager spiega che “la leadership cinese ha grande capacità adattativa”. La definisce “tecnocratica”. E sulla censura spiega che “il controllo permette di spegnere la rabbia nel cyberspazio prima che si trasferisca al mondo reale, di preservare la stabilità sociale”.

Per Kuo inoltre, le proteste degli internauti permettono al governo “di accertare scandali o casi di mala amministrazione”. Freedom House e Reporter senza frontiere continuano a considerare la Cina uno dei paesi maglia nera per la libertà di stampa. Ma forse al netizen dell'ex Celeste Impero interessa poco. Secondo Kuo, la maggior parte degli internauti sul web cerca intrattenimento, non politica. Gioca, guarda video e pubblica immagini di cibo. Visto dalla prospettiva dell'immagine di un piatto di ravioli, il web cinese non è granché diverso da quello del resto del mondo.

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