Una studentessa comasca dal classico
ai campi dell’esercito cinese con Intercultura


	
Giorgia è partita da Como per frequentare un anno di scuole superiori in Cina e vivere con una famiglia cinese. Non si è risparmiata nessuna esperienza, compresa la settimana di addestramento militare obbligatoria per i ragazzi del Dragone
Giorgia durante la settimana di addestramento militare
Giorgia è partita da Como per frequentare un anno di scuole superiori in Cina e vivere con una famiglia cinese. Non si è risparmiata nessuna esperienza, compresa la settimana di addestramento militare obbligatoria per i ragazzi del Dragone

di Luca Salvi

Como, 3 ottobre 2012 - Giorgia Davidovic, studentessa modello al quinto anno del liceo classico Volta, ha già fatto il militare. Ma come, direte voi, non è stato abolito, in Italia? In Italia sì, ma in Cina una settimana nei campi di addestramento dell'esercito della Repubblica Popolare è d'obbligo per tutti gli studenti. E Giorgia è appena tornata dal suo anno con Intercultura a Changzhou, nella regione del Jiangsu, a un'ora di treno da Shanghai. Un anno di studio e vita presso un'altra famiglia. Cinese

Com'è fare il militare? 

L'ho trovato stimolante. E' un'esperienza facoltativa per noi studenti stranieri. Molti di quelli che mi hanno preceduto si sono rifiutati. Ma io ho scelto di fare un anno con Intercultura per mettermi in gioco.

Potevi scegliere diverse mete per l'anno di scuola all'estero. Perché l'Estremo oriente? 

L'Asia mi affascina. Ero già stata a Sidney per uno scambio di studio estivo e mi ero ritrovata in un gruppo di miei coetanei asiatici. Inoltre al Volta frequento il corso di lingua e cultura cinese. Mi affascina il cinese, un linguaggio che è riflesso della cultura. 

In che senso? 

I caratteri cinesi, oltre al concetto che esprimono, hanno un rimando grafico a un disegno originario. Per esempio nel carattere usato per la parola "nuvola" si può notare un disegno che rappresenta una nuvola stilizzata. 

È facile cambiare classe? 

No. È stato l'aspetto più difficile. Mentre con la famiglia che mi ha ospitato mi sono trovata a mio agio, in classe ho trovato una situazione diversissima dall'Italia. Gli studenti sono subordinati ai professori e non mettono mai in dubbio quello che dicono. Un'auctoritas alla quale era difficile per me abituarsi. Non dico che bisogna contestare quello che dicono i prof, ma, se la si pensa diversamente, almeno difendere le proprie ragioni. 

Com'è lo studio made in China? 

Usano un metodo più mnemonico che da noi, che va benissimo per matematica, ma meno per materie come filosofia, dove la discussione delle idee dei grandi filosofi serve più, secondo me, di una loro memorizzazione. 

 

Nella famiglia che Intercultura ti ha assegnato, ti sei ambientata? 

All'inizio, credevo che mia "sorella", quella della famiglia cinese, mi avrebbe introdotto facilmente in una società così diversa come quella cinese anche perché era stata un anno a Gorizia prima di me. Credevo avesse un atteggiamento più aperto. Invece era la mamma ad averlo. Mi sono legata tantissimo a lei

Cosa hai imparato da questo anno dall'altra parte del mondo? 

Oggi tendo a fare sentire di più le mie opinioni, i miei ideali. Prima invece ero più timida e mi agitavo anche per cose stupide. Oggi non mi angoscio più per una semplice verifica di matematica.

 

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