Milano, 7 settembre 2012 - Palazzo Mezzanotte ospita fino al 9 settembre il Milano Fashion Global Summit, una serie di incontri dal titolo "Cina e Italia, due sarti in un mercato globale" dove le più importanti personalità del settore si sono date appuntamento per discutere di difficoltà e opportunità del mercato mondiale della moda.
Presente anche Cesare Romiti, presidente della Fondazione Italia-Cina, che ha parlato della crescente presenza di turisti cinesi nel nostro paese, la cui passione per l'Italia e il made in Italy potrebbe creare un giro d'affari che si aggira intorno al miliardo di euro nel prossimo anno. La sua stima si basa su una spesa media di 11mila euro per ogni viaggio nel Belpaese da chi proviene dalla Terra di Mezzo, denaro che si raccoglie in genere nei settori della moda e del lusso.
Il presidente onorario del China national textile apparel council, Du Yuzhou, è intervenuto nel dibattito affrontando il tema dell'espansione del mercato cinese: dagli 80 milioni attuali, i consumatori cinesi "diventeranno 180 milioni entro il 2020". Un bacino d'utenza particolarmente importante per l'export italiano, in crescita del 20% in direzione Dragone, in un momento in cui la stessa Cina vede ridursi della stessa cifra le esportazioni verso l'Unione Europea". Un'osservazione che "ci fa ben sperare e ci rende ottimisti" ha commentato Paolo Zegna.
Presidente dell'omonimo gruppo e del Comitato per l'internazionalizzazione di Confindustria, Zegna ha spiegato che "se l'Italia riesce a mantenere un vantaggio di qualità, di servizio, di innovazione e di immagine, anche il tessile italiano, di fronte ad un aumento potenziale del mercato in Asia, riuscirà a garantire la presenza e la forza delle sue aziende. Ma dobbiamo crederci e non temere la loro concorrenza ed essere stimolati per continuare a correre come la lepre davanti".
Dello stesso tono anche il commento di Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della moda italiana, che "non riesce ad essere pessimista" guardando ai numeri di Cina ed India, in particolare ai tassi di natalità elevati e alla velocità di evoluzione e crescita del potere d'acquisto. Si tratta di un serbatorio immenso di acquirenti che potrebbe garantire continuità al valore del made in Italy. Per questo è necessario che anche le piccole e medie imprese del settore si rivolgano al mercato di "Cindia", specialmente alla "fascia intermedia di consumatori cinesi che ha fame di nuovi brand a prezzi ragionevoli". Secondo Boselli è necessario che le istituzioni, private e pubbliche, come la Camera della Moda o la nuova Ici aiutino le Pmi a sbarcare in Cina.
Il presidente della Camera della moda sottolinea anche l'importanza della "presenza di brand cinesi alle manifestazioni espositive italiane, con collezioni che rappresentino la creatività originale cinese basata sulla grande storia e cultura del paese" e della reciproca partecipazione delle imprese italiane alle fiere di settore in Oriente. Altro livello di reciprocità può instaurarsi con la cessione di aziende italiane a "gruppi cinesi che vogliono incrementare il loro livello qualitativo e di creatività".