L’ESPERTO RISPONDE
“Volete aprire un’impresa in Cina?
Ecco come districarsi tra tasse e leggi”


	
  Inaugura oggi una nuova rubrica di China Channel dedicata agli esperti di diritto, fisco, marketing ed economia cinese per aiutare chi vuole sbarcare in maniere vincente nel Paese di Mezzo. Oggi risponde Giorgio De Giorgi, dottore commercialista che ci spiega i passi per avviare un'impresa in Cina.
Alcune banconote di Renminbi
 

Inaugura oggi una nuova rubrica di China Channel dedicata agli esperti di diritto, fisco, marketing ed economia cinese per aiutare chi vuole sbarcare in maniere vincente nel Paese di Mezzo. Oggi risponde Giorgio De Giorgi, dottore commercialista che ci spiega i passi per avviare un'impresa in Cina.

di Luca Zorloni (左 露珂)

Milano, 5 luglio 2012 – Molti ricorderanno lo spot di una nota società di viaggi nel quale due turisti fai-da-te finivano per perdersi nelle loro peregrinazioni. E l’abitante del posto, dopo averli riconosciuti per globetrotter improvvisati e aver chiesto loro se si fossero rivolti al tour operator reclamizzato, al loro no rispondeva con “Ahia ahia ahi”. Della serie: arrangiarsi non conviene. È lo stesso consiglio che Giorgio De Giorgi, commercialista esperto in accompagnamento di aziende all’estero, dà agli imprenditori che vogliono sbarcare in Cina. “Partire solo dopo un’attenta riflessione”.

Oggi infatti il panorama economico del Dragone è profondamente mutato: a produrre e commerciare vanno anche le piccole e medie imprese italiane, sulla scia delle realtà più grandi che nel Paese di Mezzo si sono installate da tempo, e la Cina stessa è passata da territorio dove dislocare i propri impianti a mercato appetibile per vendere le merci. Specie quelle di lusso, esposte in centri commerciali sontuosi come regge e frequentati da quel milione di milionari cinesi che traina il boom di shopping dell’ex Celeste Impero. Ma un imprenditore non deve farsi illudere da facili guadagni. “Bisogna essere pronti investire robuste quantità di denaro – avverte De Giorgi –. Quando mi chiedono se consiglio o meno di aprire un’attività in Cina, mi metto a tavolino con il cliente e faccio un rapido conto solo del denaro necessario per andare di là. Basta a dare una proporzione dell’entità dell’investimento necessario”.

Non solo: la Cina stessa favorisce determinate attività a discapito di altre. “I cinesi partono dal codice merceologico doganale e sulla base di quello decidono se il prodotto è strategico o meno e di conseguenza quanto essere generosi”. Terreni gratuiti, esenzioni fiscali, infrastrutture in regalo: Pechino sa come corteggiare un imprenditore che abbia tra le mani un prodotto che le interessa e le 24 province fanno a gara per accaparrarsi gli investimenti. “Esiste la tendenza a inserirsi in distretti di produzioni simili – aggiunge De Giorgi – ma è una pratica che ha i suoi pro e i suoi contro. Il vantaggio è che in un distretto si trovano fornitori, manodopera e mentalità orientata al proprio prodotto. Lo svantaggio è quello che io chiamo “effetto Romania” sulla scorta di quanto è successo nel triangolo della scarpa romeno, Timisoara-Arad-Oradea. I nuovi imprenditori rubano la manodopera istruita ai loro precedessori offrendo ai lavoranti paghe più alte. La convenienza del salario basso si scontra con la necessità di tenersi stretto l’operaio capace”. Ed è un rischio, secondo De Giorgi, che i distretti cinesi stanno correndo.

L’imprenditore che va in Cina deve prepararsi a dialogare con il fisco locale, “più certo, veloce e responsivo di quello italiano”, spiega De Giorgi. “Basti pensare che in molte regioni i quesiti possono essere sottoposti via e-mail”. Si tratta di servizi che si sono resi necessari, secondo il commercialista, per rendere la burocrazia del Paese di Mezzo all’altezza delle aspettative e delle abitudini dell’investitore straniero. Il sistema fiscale cinese è basato su una legge nazionale con l’aggiunta di piccole aliquote locali. Le tasse pesano circa tra il 4 e il 28% degli utili. Possono essere applicati dazi sulle esportazioni ed è importante sapere che nelle zone speciali ci sono esenzioni molti gradite per chi punta a investimenti immediati. Così come bisogna ricordarsi di non evadere: in Cina è reato punito con la pena di morte.

Capitolo a parte per Honk Kong. L’ex colonia britannica è un paradiso fiscale inserito nella black list italiana, ovvero nel novero dei paesi che si rifiutano di scambiare dati con il fisco nazionale e per questo i costi di una società impiantata là non sono detraibili se non in casi particolari. De Giorgi rassicura: “Non bisogna demonizzare Hong Kong, ma essere preparati a fornire ampia certificazione dell’esistenza e dell’attività dell’impresa”. E consiglia: “Preparatevi ad avere molta pazienza: non sempre all’estero hanno la nostra stessa sensibilità per i documenti e non è facile farsi rilasciare qualcosa di simile al certificato richiesto in patria”.

In pillole

  • Partire per la Cina dopo aver studiato l’investimento con uno studio di consulenza legale e contabile specializzato in investimenti internazionali;

  • Aver ottenuto adeguato appoggio finanziario;

  • Andare in Cina accompagnati da qualcuno che conosca le caratteristiche dei diversi distretti, che sia addentellato nel sistema burocratico e bancario locale e possa fornire adeguata assistenza;

  • Istituire un master mind dell’operazione che dialoghi con l’ufficiale di riferimento a cui si viene assegnati in Cina;

  • Mettere in conto capitali e pazienza: non è un investimento che si costruisce in poche settimane, ma servono mesi;

  • Rivolgersi a consulenti e specialisti che abbiano un curriculum affidabile. Oggi in Cina ci sono numerosi studi che offrono assistenza senza le dovute specializzazioni;

  • Prestare attenzione al sistema del diritto industriale. Capita spesso che qualcuno arrivi in Cina e trovi la versione made in China del proprio prodotto. Informarsi presso gli uffici dedicati e tutelarsi adeguatamente.


 

Enti italiani che offrono assistenza per andare in Cina:

  • Camera di commercio Italia-Cina;

  • Sportello cinese di Confindustria a Roma;

  • Missioni delle Regioni;

  • Fondazione Italia-Cina;

  • Le grandi banche.


Il nostro esperto

Giorgio De Giorgi, friulano di nascita, l’italiano racconta di averlo imparato a scuola. Dottore commercialista da 37 anni, ha una vocazione internazionale e con il suo studio (in via Motta a Milano) si occupa di accompagnare imprenditori italiani all’estero o imprenditori esteri in Italia. Oltre al friulano parla inglese, portoghese, francese, spagnolo e un po’ di tedesco. Ha seguito clienti in oltre quaranta paesi del mondo, calcando di persona la terra di tutti e cinque i continenti.

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