Pechino, 11 giugno 2012 - Si è concluso oggi nella capitale cinese il salone dedicato al lusso "Luxury China 2012". Con 10mila metri quadrati di superficie e 150 stand di esposizione, questa manifestazione racconta della passione cinese per l'ostentazione e l'opulenza. Ma anche di come in Cina "lusso" vuol dire "straniero". Infatti, i prodotti di origine cinese sono in assoluta minoranza rispetto a quelli provenienti da oltre frontiera: "la Cina non ha praticamente nessun marchio che si posizioni al top del lusso" ha affermato Xiong Xunlin, vice-segretario generale della Camera di commercio internazionale cinese.
Ci si incuriosisce ancor di più considerando che proprio il Dragone è il motore del commercio mondiale di questo settore economico. Le stime presentate da Xiong parlano di 27 miliardi di dollari spesi in beni di lusso nel 2015, che valgono per un quinto della spesa mondiale nel mercato di gamma più elevata e che rendono la Cina il più grande consumatore al mondo di oggetti firmati. Basti pensare che nel 2009, quando la crisi economica ha colpito le economie occidentali, in Cina le vendite di prodotti di lusso sono incrementate del 16%. Ma nonostante il grande appetito, nel paese orientale non sono ancora emersi "chef" in grado di soddisfare i gusti di questi palati così generosi.
Un recente sondaggio a cura della Università di business ed economia internazionale di Pechino ha rilevato che circa il 70% dei consumatori ritiene che la Cina non ha le capacità necessarie per sviluppare marchi di lusso autoctoni. Jessica Tu, presidente del Luxury Market Council cinese, rincara la dose affermando che i brand cinesi sono troppo deboli a livello di influenza globale, un elemento chiave dell'appeal di un marchio di lusso. Secondo Xiong, mentre la Cina era il regno dei prodotti di lusso nell'antichità, nota per le sue sete e ceramiche di inestimabile valore, ora fatica a creare prodotti di alta gamma che siano anche attraenti per i consumatori moderni. I soli prodotti made in China ammessi all'esposizione sono proprio quelli che si rifanno all'artigianato tradizionale del paese, come liquori, te, porcellane, gioielli e antiquariato.
Ma anche per i marchi europei ci sono difficoltà in vista, in particolare per quelli più noti al pubblico. Secondo gli esperti del settore, il mercato cinese sta non solo crescendo, supererà Giappone e Usa per piazzarsi al primo posto mondiale nei prossimi 3 anni, ma anche maturando. Dal cosiddetto "lusso di aspirazione" sta passando al "lusso assoluto", il desiderio di essere sì notati, ma anche apprezzati per il proprio gusto. E in questo ambito i consumatori puntano all'esclusivitàpiù che alla riconoscibilità. "I veri ricchi, i veri milionari, non vorranno più comprare Louis Vuitton e Gucci perché sono troppo comuni", ha spiegato Shaun Rein, direttore di China Market Research Group, mentre c'è chi dice che in Cina ormai le borse marchiate LV sono considerate "roba da a-yi, da donna delle pulizie". Dopo aver guadagnato il favore di un pubblico enorme come quello cinese, i marchi del lusso europeo dovranno ora restare al passo con l'evoluzione di questo pubblico e trovare un nuovo equilibrio tra popolarità ed esclusività per rimanere tra i banchi del mercato più ricco del mondo.