La burocrazia cinese in guerra contro gli insetti Solo due mosche volano nei bagni di Pechino
Accolto nell'ironia il nuovo regolamento dei bagni pubblici della capitale cinese. L'intenzione era di promuovere nuovi standard igienici, ma il pubblico ha accolto il provvedimento con un proliferare di commenti sarcastici sul web
Accolto nell'ironia il nuovo regolamento dei bagni pubblici della capitale cinese. L'intenzione era di promuovere nuovi standard igienici, ma il pubblico ha accolto il provvedimento con un proliferare di commenti sarcastici sul web
di Luca Zorloni (左 露珂)
Pechino, 24 maggio 2012 -Dura lex sed lex quella approvata dal Comune di Pechino: impone non più di due mosche svolazzanti per bagno pubblico. I gonggong cesuo (le toilettes a disposizione dei cittadini) sono gli ultimi sorvegliati speciali del governo della capitale. La seconda potenza economica mondiale vuole presentarsi al mondo con la sua veste migliore. Anche nelle stanze intime. Ma la direttiva della Commissione Municipale di Pechino per l'Amministrazione cittadina e l'ambiente, un dossier intitolato “Standard della città di Pechino per le professione di gestione dei bagni pubbblici e regolazione del servizio" che mira ad aumentare il livello della pulizia dei vespasiani (qui la versione cinese), prima di una pioggia di applausi ha ricevuto una mitragliata di battute ironiche.
Sul web, riferisce l'International Herald Tribune, si scatena la fantasia degli internauti. "Vuoi sapere qual è il livello culturale di una città? Conta le mosche!" è il commento goliardico di un utente di Sina Weibo, il Twitter del Paese di Mezzo. Un altro scrive: "Un responsabile delle pulizie vede due mosche entrare in un bagno. Allora traccia sulla porta della toilette un piccolo segno: 'Occupato'". Dal 'muro' di un terzo navigante la critica al governo: "Severi controlli alla riproduzione delle mosche", con una neanche troppo velata allusione alla legge sul figlio unico. I cittadini di Nanchang sono imbufaliti: dalle loro parti infatti, in un bagno pubblico possono svolazzare sino a tre mosche. E la domanda sorge spontanea: il governo ci considera forse di serie B? Xu Xiutang, che lavora come donna delle pulizie, prende la notizia sul ridere: "Ieri in una toilette di un supermercato nel quartiere di Chaoyang ho visto volare solo una mosca. Non hanno rispettato il regolamento". A un giornalista del quotidiano cinese Global Times l'inserviente racconta anche che "nessuno mi ha informato della legge né mi sono stati consegnati scorte di spray. Ci sarà molto da lavorare, soprattutto nei parchi e nei siti turistici".
Il giornale locale Beijing Daily aggiunge che il regolamento "draconiano" non è una novità, ma dà un ulteriore giro di vite a una legge nazionale del 1998 che consentiva a un massimo di 5 mosche di sorvolare i servizi igienici. Una "flotta" rispetto alle coppiette di oggi. E nella stessa direttiva il Comune di Pechino ha messo al bando i cattivi odori, imponendo maggiori controlli a gas presenti nelle fognature come ammoniaca e solfuro di idrogeno, e ha imposto un tempo massimo di trenta minuti per far sparire dalla circolazione i rifiuti. Una piccola rivoluzione investirà dunque nelle prossime settimane i servizi igienici di stazioni ferroviarie, ospedali, centri commerciali, parchi e musei, ma non è niente in confronto alla guerra che nel 1957 il Grande Timoniere indisse contro i cosiddetti quattro pericoli: topi, passeri, zanzare e le famigerate mosche.
Come ricorda l'agenzia AgiChina24 infatti, mezzo secolo fa Mao Zedong aveva puntato il dito contro un "problema di igiene che è anche di civiltà" e aveva lanciato nel Paese di Mezzo una mobilitazione generale per la salute. Nemico pubblico numero uno: i passeri. Nella capitale furono due giorni di fuoco (18-20 maggio) senza esclusione di colpi. I pechinesi ricorsero a tutte le armi a loro disposizione: veleni, proiettili, pistole e fucili, frombole, reti, esplosioni. In 48 ore caddero 83.200 pennuti. Ma meno uccelli significa più insetti, quindi via al secondo round. Terzo capitolo della saga la battaglia ai topi, che le alte sfere del Partito incentivarono promettendo una somma in denaro a chiunque avesse presentato code di topo. Se il primo premio fu meritatamente consegnato a una signora dell'Anhui che in dodici mesi aveva raggiunto la quota record i 2.600 ratti ammazzati, molti suoi connazionali trovarono la soluzione per incassare le banconote senza inseguire i topi per i veicoli maleodoranti, allevandoli in gabbia e uccidendoli poi per consegnare le code agli addetti alla conta del governo.
E non è la prima volta che i bagni pubblici si guadagnano i titoli delle prime pagine dei giornali. Come riportato l'International Herald Tribune, a febbraio Guangzhou aveva assistito alla prima protesta Occupy cinese, "Occupy Men's Toilet".Un gruppo di donne è sceso in piazza per protestare contro la regola del governo cinese che impone un rapporto uno a uno tra servizi igienici per uomo e per donna, a differenza della situazione di Hong Kong e Taiwan, dove il numero dei bagni "rosa" è maggiore. Il nodo del contendere è chiaro: le donne impiegano di più a usufruire delle toilettes e di conseguenza costringono le altre a lunghe code di attesa. Dura lex sed lex anche questa. Ma di Madre Natura.