Rinasce il Titanic con soldi australiani una copia “made in China” pronta per il 2016
Il miliardario australiano Clive Palmer ha deciso di finanziare un clone del transatlantico affondato cento anni fa. Lo realizzerà la CSC Jinling Shipyard, controllata del governo di Pechino. E durante il viaggio inaugurale la nave sarà scortata dalla Marina cinese
Il miliardario australiano Clive Palmer ha deciso di finanziare un clone del transatlantico affondato cento anni fa. Lo realizzerà la CSC Jinling Shipyard, controllata del governo di Pechino. E durante il viaggio inaugurale la nave sarà scortata dalla Marina cinese
di Luca Zorloni (左 露珂)
Sidney, 30 aprile 2012 – Titanic, il ritorno. Non c'entra James Cameron ma Clive Palmer, miliardario australiano delle escavazioni minerarie, un uomo coi piedi tanto piantati per terra da decidere di finanziare la realizzazione di una copia del transatlantico. Il bislacco investimento viene annunciato lo stesso giorno in cui il Paperone dichiara alla stampa di volersi candidare per elezioni politiche per il partito Liberal Nazionale. Che il clone della nave affondata cento anni fa sia la sua prima grande opera per lo sviluppo del paese? Niente affatto. Il Titanic II sarà “made in China”. Il tycoon del Queensland, che nel portfolio di controllate annovera anche la società di trasporti marittimi Blue Star Line Pty Ltd, ha infatti affidato la commessa dal costo ancora imprecisato agli armatori del Dragone della CSC Jinling Shipyard. Azienda partecipata dal governo di Pechino.
Non solo: la Marina cinese è stata invitata a scortare il gioiellino in occasione del varo, programmato per la fine del 2016, che ripercorrerà la rotta dall'Inghilterra agli Stati Uniti, la stessa del viaggio inaugurale del Titanic numero uno lungo la quale, nella notte tra il 14 e 15 aprile, la nave si schiantò contro un iceberg e affondò, trascinando con sé 1.523 persone. E la domanda non ha attardato ad affacciarsi alla curiosità dei cronisti australiani: Palmer, non teme che anche il suo transatlantico coli a picco? L'industriale rassicura: “Avrà sistemi di sicurezza nautica di ultima generazione”. Per il resto invece ha chiesto agli armatori cinesi che sia tale quale l'originale della White Star Line: lungo 270 metri (pari a tre campi da calcio), alto 53 metri per 46mila tonnellate di stazza, sarà un hotel extralusso strutturato su nove ponti e le 840 cabine saranno dotate di tutti i comfort del Ventunesimo secolo. Qualche strappo al disegno originale ci sarà, ma nascosto alla vista dei passeggeri: si tratta di una struttura a forma di bulbo situata sotto chiglia per una maggiore efficienza dei motori a diesel e di un timone più largo per agevolare le manovre del colosso.
Non è il primo affare che il magnate delle miniere stipula con la Cina: nel 2008 acquistò per 1,5 milioni di dollari il Gold Coast United, squadra di calcio australiana, con l'obiettivo di farla diventare una formazione di serie A e lanciarla nell'Asian Champions League. “Ho molti amici in Cina che tifano per loro”, dichiarò allora Palmer per giustificare l'investimento. Il varo del Titanic II sarebbe invece un tributo alla memoria “di tutti quegli uomini che lavorarono per costruire quel capolavoro”. In queste ore Palmer ha anche ufficializzato la sua corsa alle preselezioni del partito Liberal Nazionale per il seggio di Lilley sfidando il vice premier e ministro del Tesoro Wayne Swan. Il Titanic “made in China” sarà un primo spot elettorale di successo? Oppure, vista la diffidenza del Governo australiano nei confronti delle aziende cinesi controllate dallo Stato, come è successo nel caso della Huawei Communications per la posa della fibra ottica nell'isola oceanica, la commessa del transatlantico agli armatori del Dragone sarà l'iceberg che farà colare a picco la campagna di Palmer? Il miliardario non batte ciglio: come ogni capitano, è pronto ad affondare con la sua nave.