Stop a fattorie della bile, la Cina si scopre “green”
“Bisogna fermare i maltrattamenti degli orsi”


	
  L'associazione animalista Animals Asia racconta la collaborazione con il governo di Pechino per fermare le cosiddette "fattorie della bile", impianti in cui si estrae dagli orsi l'acido ursodesossicolico. Con metodi dolorisissimi per gli animali
Un orso della luna in gabbia (foto di Animal Asia)
 

L'associazione animalista Animals Asia racconta la collaborazione con il governo di Pechino per fermare le cosiddette "fattorie della bile", impianti in cui si estrae dagli orsi l'acido ursodesossicolico. Con metodi dolorisissimi per gli animali



di Sara Corno

Hong Kong, 5 aprile 2012 - L'associazione internazionale Animals Asia, da anni impegnata in Vietnam e in Cina nella tutela dei diritti degli animali, annuncia una vera e propria "rivoluzione culturale" dell'opinione pubblica cinese, che nel mese di febbraio si è massiciamente schierata contro le cosiddette "fattorie della bile", gestite da alcune aziende farmaceutiche che fanno capo alla Medicina Tradizionale Cinese. In questi allevamenti, dislocati in tutto il Paese, vivono migliaia di "orsi della luna", catturati dai bracconieri nelle foreste, loro habitat naturale, e in seguito costretti a trascorrere i loro giorni in gabbie di dimensioni modestissime, che inibiscono qualsiasi possibilità di movimento. Ma non è finita qui: questi animali dalla resistenza eccezionale, che vivono in media una trentina di anni, sono quotidianamente sottoposti al prelievo della bile tramite il metodo del free dripping (un catetere viene immesso nella cistifellea dell'orso e da lì la bile è estratta tramite "gocciolamento"), per loro niente affatto indolore.

L'Associazione Cinese di Medicina Tradizionale si serve della bile di orso tibetano come antinfiammatorio, soprattutto per curare le patologie che interessano il fegato: il suo principio attivo, l'acido ursodesossicolico, è però attualmente sintetizzabile in laboratorio e garantisce le stesse proprietà terapeutiche. Il Governo cinese, con cui Animals Asia dialoga dal 1998 in uno spirito di collaborazione e di rispetto reciproco, ha recentemente accettato di incontrare l'associazione, che ha richiesto la stesura di un calendario di dismissione progressiva degli allevamenti nel Paese. Tuttavia il cammino da compiere, come dichiara Irene De Vitti, dell'associazione Animals Asia, è ancora lungo: il vero e proprio cambiamento dovrà infatti partire dai cittadini cinesi stessi, che negli anni si sono dimostrati sempre più sensibili al benessere degli animali.
Irene, sappiamo che le fattorie della bile esistono da parecchi decenni e finora l'opinione pubblica non aveva mai preso posizione in modo così deciso. Cos'è successo nel mese di febbraio?

"Come associazione attiva da 15 anni sul territorio, riteniamo ciò che è avvenuto nelle ultime settimane un successo straordinario: la diffusione di un video girato sotto copertura da alcuni giornalisti ha mostrato alla gente ciò che realmente avviene nelle fattorie della bile e come siano sistematicamente violate le leggi governative sul trattamento degli animali. E' bastata dunque la circolazione del video perchè su questo argomento si sollevasse un dibattito pubblico senza precedenti. E' stata organizzata persino una conferenza stampa in cui l'Associazione Cinese di Medicina Tradizionale tentava di dimostrare che il prelievo della bile di orso avviene in un modo totalmente indolore per l'animale, ma l'opinione pubblica è rimasta sui suoi passi: estrarre la bile da un essere vivente non è "come aprire un rubinetto", espressione utilizzata da un membro dell'Associazione Cinese di Medicina Tradizionale che ha letteralmente sconvolto il Paese".

Animals Asia è stata recentemente accusata di aver diffamato l'Associazione Cinese di Medicina Tradizionale e di aver diffuso notizie errate sulle fattorie della bile. Lo può confermare?

"Sì, anche noi siamo finiti nell'occhio del ciclone perché da tempo cerchiamo di raccogliere dati scientifici sulle fattorie della bile per poi informare la popolazione cinese. Ad esempio, abbiamo dimostrato che un'altissima percentuale degli orsi che vengono sottoposti a questa pratica si ammalano, spesso di tumore al fegato: ne consegue che, al di là del danno irreversibile sull'animale, la bile da esso esportata risulta piena di cellule cancerogene, assai pericolose per l'uomo. Va infatti sottolineato che il materiale estratto dall'addome dell'orso non viene sottoposto a nessun processo di raffinazione, dunque è contaminato da sangue, feci, pus...".

In tante fattorie della bile, per evitare reazioni violente da parte dell'orso, si usa il metal jacket. Ci può spiegare di che si tratta?

"Il metal jacket è un corsetto metallico che viene assicurato alla carne dell'animale tramite degli uncini: in questo modo, il suo addome è sempre accessibile al prelievo della bile (che avviene tramite un catetere) e l'orso non si può letteralmente muovere. In alcuni casi, per renderlo del tutto inoffensivo, si procede addirittura all'amputazione degli artigli e delle falangi".

Parliamo ora degli orsi "salvati" da Animals Asia, ovvero di quegli animali che vengono liberati in seguito alla chiusura di una fattoria: il Governo di Pechino li affida alla vostra associazione, che se ne prende cura portandoli nei "santuari"...

"Animals Asia opera attualmente in due santuari, uno in Vietnam e uno in Cina: qui vengono portati gli orsi malati, o comunque ormai incapaci di vivere una vita normale, dopo anni di reclusione e torture. In queste oasi naturali li seguiamo caso per caso, nutrendoli adeguatamente e permettendo loro di tornare a familiarizzare con l'ambiente, arrampicandosi, saltando, venendo in contatto con i loro simili. E' una sorta di riabilitazione".

La vostra fondatrice, Jill Robinson, ha promosso nel Paese parecchi progetti di Pet Theray, allo scopo di diffondere fra la popolazione la cultura dell'animale domestico. Siete ancora impegnati su questo fronte?

"Eccome. Fu Jill la prima a chiedere agli ospedali cinesi di ospitare qualche progetto di Pet Therapy e non mollò finchè non si giunse a un compromesso: furono i medici a portare all'esterno della clinica un paziente e, quando l'uomo vide lo storico cane della nostra fondatrice, il suo volto si illuminò di gioia. Ora siamo costantemente impegnati negli ospedali, negli ospizi e nelle scuole: è veramente emozionante osservare dei bimbi sui 7-8 anni che entrano in contatto con un cane per la prima volta. Siamo convinti che proprio tramite il contatto diretto fra uomo e animale domestico, promosso fin dall'infanzia, aumenti il livello di attenzione nei confronti del mondo animale. Per ora la Cina sta già combattendo una grande battaglia: le associazioni animaliste si sono moltiplicate negli anni e l'opinione pubblica è sempre più desiderosa di sapere. Non resta che avere pazienza".

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