Milano, 28 marzo 2012 – Chi pensa che il feng shui corrisponda a una tecnica per arredare casa e raccogliere così influssi positivi rimarrà deluso. O meglio sorpreso. Perché l'antica arte geomantica orientale è una dottrina ben più complessa e affascinante. Per Maurizio Paolillo, docente di Lingua e Cultura cinese presso l'Università del Salento ed esperto di feng shui (sua la prima tesi di laurea in materia in Italia), non è stato facile semplificare l'argomento all'uditorio accorso al negozio ChiAmaMilano per l'appuntamento organizzato con l'Istituto Confucio della Statale. Anche perché il prof ha appena fatto chiarezza sul tema in un volume uscito per i tipi di Carocci, Il feng shui: origine, storia e attualità, in cui sgombra il campo da miti e false credenze. Come quella, oggi molto in voga, che riduce l'arte a una “bussola” per costruire in modo armonico. La stessa che vuole Bruce Lee morto proprio a causa di una casa orientata male. Ma cos'è in verità il feng shui? Paolillo la definisce “una dottrina di interpretazione dello spazio, che associa a determinanti punti del paesaggio un potere straordinario, il qì”.
Fa parte di un sistema di ermeneutica del mondo, che comprende anche medicina, alchimia, arti marziali, astrologia, arti, calligrafia. Tutte discipline basate su gli stessi numeri (lo ying e lo yang, le cinque fasi, gli otto trigrammi) e che mettono in correlazione la natura con una forza originaria, il qì appunto. Sia chiaro, e lo riconosce lo stesso luminare, “che non c'è alcun fondamento scientifico: eppure è incredibile osservare come il feng shui abbia attraversato indenne la storia”. Fino ai giorni nostri. Qualche esempio? Le pagode di legno costruite dagli antichi imperatori. Complessi palazziali costituiti da travi a incastro che hanno resistito nei secoli ai peggio terremoti. Merito del feng shui. Oggi si potrebbero citare la piscina olimpionica e i due nuovi terminal dell'aeroporto di Pudong a Pechino costruiti in occasione delle Olimpiadi, progetti “rivisti” da un esperto di feng shui e adattati alle sue regole. “Ma parliamo di interventi correttivi – spiega Paolillo – mentre la dottrina originale era la premessa degli interventi nello spazio”.
Insomma invece di costruire dove il terreno costava meno, l'intendente di palazzo macinava chilometri e chilometri nelle campagne cinesi,inseguendo le “venature del drago”, meridiani ipotetici in cui scorreva più forte il potere del qì, alla ricerca del punto perfetto. La descrizione è quella di un quadretto idilliaco: la casetta al centro, alle spalle un'altura (detta “Guardiano oscuro”), tutt'intorno l'abbraccio delle colline e davanti un fiumiciattolo tortuoso che, badate bene, scorre da nord-ovest a sud-est. Questo è il paradiso del qi. Ma quanti siti di questo tipo erano presenti nell'antica Cina? Difficile dirlo. Diciamo che, se il paesaggio non si prestava di suo, l'architetto faceva interventi ad hoc. È successo con la Città Proibita di Pechino in epoca Ming (XVI secolo), che è “delimitata da un corso d'acqua deviata ed è coperta alle spalle dalla collina di carbone, un'altura realizzata con terra di riporto”, spiega Paolillo.
Certo è che dal mondo antico a oggi la ricerca del paradiso del qì non si è spenta: nel sud del Paese di Mezzo il mercato immobiliare è guidato dai principi del feng shui (a Nanchino raggiunge l'80% delle transazioni secondo una ricerca dell'agenzia stampa Xinhua, ndr), nelle campagne le tombe sono orientate rispetto alle venature del drago e ci sono ancora bambini che sognano di fare i geomanti da grandi. Resta un mistero: com'è possibile conciliare un pensiero”magico” del feng shui con la scienza e la tecnica che fecero potente l'Impero cinese e proprio a quella dottrina si ispirarono? Anche Paolillo non ha risposta. Ma sfodera esempi stupefacenti, come le antiche cartine idrografiche calcolate con il feng shui e tracciate su reticoli che sembrano carta millimetrata. “I nostri satelliti oggi non saprebbero far meglio”, e la prova del nove la fornisce la sovrapposizione di una mappa antica a un moderno rilievo. Precisione infinitesimale. Oggi come allora.