Nave petroliera affonda nel porto al giro di prova
La falla costa 740 milioni di yuan


	
  Incidente nel porto di Nantong per la Ocean Oil 682, gigante del mare varato da una delle più importanti società di estrazione di greggio. Imbarazzo tra gli armatori del Paese di Mezzo, crolla il titolo dell'armatore in Borsa. E nella maratona per la supremazia del mercato navale in Oriente, la Cina inciampa da sola.
La Ocean Oil 682 inclinata nel porto di Nantong (fonte Xinhua)
 



Incidente nel porto di Nantong per la Ocean Oil 682, gigante del mare varato da una delle più importanti società di estrazione di greggio. Imbarazzo tra gli armatori del Paese di Mezzo, crolla il titolo dell'armatore in Borsa. E nella maratona per la supremazia del mercato navale in Oriente, la Cina inciampa da sola.



Di Luca Zorloni (左 露珂)

Pechino, 19 gennaio 2012 – Il 14 gennaio la sirena suonava con una nota d'orgoglio mai sentita prima: per la Ocean Oil 682, l'imponente petroliera della China Oilfield Services Ltd (in pancia alla più grande società di estrazioni offshore del Paese di Mezzo) quel primo giro di valzer nel porto di Nantong, nella provincia di Jiangsu, era una crociera di prova, prima di avventurarsi nei mari alla ricerca dell'oro nero. Un test fondamentale invero, per un mastodonte rimorchiatore. Ma qualcosa non ha funzionato: la nave ha speronato un pontile e una falla ha messo a repentaglio il gigante del mare. Salva per miracolo nella baia della città sulla costa centrale della Cina, la Ocean Oil 682 porta uno sfregio da 740 milioni di yuan (117 milioni di dollari). E tutta l'industria navale dell'ex Celeste Impero trema.

Le autorità locali stanno lavorando per fare luce sulle cause dell'incidente occorso durante la navigazione di prova della petroliera multi-funzione alla fonda nei cantieri della Wuchang Shipbuilding Industry & Co. Secondo la diagnosi dei tecnici della China Oilfield Services, una falla nello scafo ha compromesso la stabilità della nave, che si è inclinata su un fianco e non è affondata per miracolo, solo perché abbastanza vicino alla costa per restare incagliata ma in superficie. L'acqua imbarcata l'ha adagiata sul fondo del porto, dove da cinque giorni gli operai dell'armatore lavorano incessantemente per rimettere in forma il pachiderma del mare. Una similitudine inquietante con il più tragico naufragio della Costa Concordia, la nave da crociera italiana colata a picco davanti alle coste dell'isola del Giglio.

Il varo fallimentare ha fatto il giro del mondo. C'è lo zampino del web, che ha bruciato la notizia e i tentativi della China Oilfield Services di insabbiare l'incidente. Un utente nascosto dietro il nickname di lmarine.cn lo scorso 16 gennaio ha diffuso un post-j'accuse, in cui imputava a una grave negligenza dell'equipaggio la manovra di accostamento alle banchine e il conseguente speronamento e puntualizzava che la Ocean Oil 682 sarebbe una delle navi per usi civili più costose mai costruite dalla compagnia. Ed è sempre lmarine.cn, qualche giorno più tardi, a diffondere sul web la voce secondo cui l'azienda, per tacitare le paure dei lavoratori, avrebbe promesso comunque il bonus annuale e negato tagli ai pagamenti.

Come lo speronamento fosse una bazzecola. Peccato che la maxi falla da 740 milioni di yuan abbia affondato in Borsa il titolo della Chinese Oilfield Services, che mercoledì a Shanghai perdeva il 2,65%. Un pugno nello stomaco alla reputazione sia dell'industria petrolifera nazionale, poiché il proprietario della nave è una società in pancia alla Chinese National Offshore Oil Corporation (CNOOC), la più grande realtà di estrazione di greggio del paese ed è già nel mirino dell'opinione pubblica dopo una perdita di petrolio nel 2011, sia degli armatori. E nella partita che la Cina disputa da decenni contro la Corea del Sud per accaparrarsi la supremazia del mercato navale, il disastro della Ocean Oil 682 assomiglia a un pesante autogol.

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