Yuja, la pianista in minigonna
che incanta pubblico e critici


	
Intervista alla ventiquattrenne cinese che non è più una bimba prodigio ma una star della musica classica. Come Lang Lang la sua bravura ha conquistato il mondo
Yuja Wang, star cinese del pianoforte
Intervista alla ventiquattrenne cinese che non è più una bimba prodigio ma una star della musica classica. Come Lang Lang la sua bravura ha conquistato il mondodi Stefano Marchetti
VISO D’ANGELO e dita volanti. A 24 anni Yuja Wang non è più una bimba prodigio, ma una star della musica classica. Come Lang Lang, arriva dalla Cina e al pianoforte ha conquistato il mondo: ha studiato a Pechino, poi in Canada e negli States e oggi abita a New York, incide per la Deutsche Grammophon, tiene un centinaio di concerti all’anno, incanta il pubblico e i critici per la sua tecnica rigorosa, la sua freschezza e - siccome anche l’occhio vuole la sua parte - il suo aspetto grazioso e le minigonne con cui sfida le convenzioni. Yuja si è già esibita con le più grandi orchestre e l’hanno chiamata addirittura a sostituire Martha Argerich con la Sinfonica di Boston, passa con disinvoltura da Brahms a Debussy al temibile “Rach3” di Rachmaninov, ha pure registrato un album, “Transformation”, ispirato al concetto buddista di cambiamento. Ora è tornata in Italia per una serie di recital: l’altra sera alla Fenice di Venezia, poi a Treviso, venerdì 20 al teatro comunale “Pavarotti” di Modena (per la Gioventù musicale) e il 23 a Trento.


Yuja, come si è appassionata alla musica?
«Mio padre è un percussionista, mia madre una ballerina, mi hanno gradualmente introdotto alla musica quando ero molto piccola. Non ci sono state difficoltà, solo la gioia di suonare il piano. E poi di solito tutto era seguito da un grande pasto alla cinese, e io amavo quella parte del premio...».


Quale altra professione le sarebbe piaciuta?
«Forse avrei voluto diventare una stilista di moda o una scrittrice. Mi interessavano entrambe le strade. E mi interessano ancora».


Molti artisti che si stanno facendo strada arrivano dalla Cina: un segno di nuova apertura?
«Beh, ci sono anche molti nuovi giovani artisti dalla Germania, dagli Stati Uniti o dalla Russia. E’ vero comunque che le opportunità che gli artisti cinesi hanno oggi sono completamente diverse rispetto al periodo della Rivoluzione culturale».


E i cinesi ora come accolgono la musica occidentale?
«La amano. I cinesi considerano le arti una pietra angolare anche per una vita bella e sana».

Molti suoi coetanei non amano la musica classica: come fare per appassionarli?
«Per esempio provare a presentare la musica in ambienti diversi. La Deutsche Grammophon ha ideato un’iniziativa davvero “cool”, la “Yellow lounge”. Affittano un club e uno dei loro artisti va a tenere una breve performance: l’evento viene pubblicizzato solo su Internet e riesce ad attrarre un pubblico molto più numeroso rispetto ai concerti tradizionali».


Lei ha inciso Rachmaninov con la Mahler orchestra. Come ha lavorato con Claudio Abbado?
«L’ho incontrato per la prima volta nel 2008. Lavorare con lui è stato un privilegio. Quante volte ti capita di essere così vicina a un genio come quello?»


Quali sacrifici le richiede la sua carriera?
«Necessariamente devo viaggiare molto. Il sacrificio maggiore è di non poter essere a casa così tanto come i miei amici che non lavorano nelle arti. In realtà però non lo vedo proprio come un sacrificio».

Ma nella sua vita esiste il tempo libero?
«Come tutti i ragazzi di 24 anni, quando riesco amo uscire con gli amici, andare al cinema o al ristorante, visitare musei e fare shopping. Mi piace leggere e porto con me un Kindle quando sono in viaggio».


E l’amore?
«Eh, se c’è un giovane uomo carino, divertente, intelligente e premuroso, non si sa mai...».

Lei ha anche rinnovato l’immagine del musicista classico. Veste in maniera esuberante. Come cura il suo look?
«Amo indossare abiti che mi piacciano visivamente e che siano comodi. Non m’interessa che facciano immagine, ma certo mi piace essere alla moda».

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