Shenzen, sos giocattoli: la crisi europea
mette in ginocchio le fabbriche di Babbo Natale


	
  Traffico commerciale in calo del 20-30per cento in direzione Europa e America, causato in primis, secondo l'Associazione dell'Industria del Gioco della città, proprio dalla crisi che soffoca l'Occidente.
Una fabbrica di giocattoli in Cina
 
Traffico commerciale in calo del 20-30per cento in direzione Europa e America, causato in primis, secondo l'Associazione dell'Industria del Gioco della città, proprio dalla crisi che soffoca l'Occidente.

di Luca Zorloni (左露坷)

Milano, 21 dicembre 2011 – La favola del Natale non raccontatela agli imprenditori dell'industria del giocattolo di Shenzhen, città polo dell'import-export a sud del continente cinese che si appresta a festeggiare il 25 dicembre 2011 con un meno 20-30% nei traffici commerciali oltre-oceano (direzione Europa e America) causato in primis, secondo l'Associazione dell'Industria del Gioco della città, dalla crisi che soffoca l'Occidente.

Liu YanFang, segretario generale del sodalizio, cita addirittura “dimezzamenti degli ordini”. Di là non si compra, di qua non si produce. Altro che boom della produzione e macchine che galoppano per sfornare i regali da caricare sulla slitta del Santa Claus globale. L'emergenza occupazionale è seria e Liu YanFang non lo nasconde.

Due gli esempi che il segretario riporta e che fanno da cartina di tornasole: molte delle società di Honk Kong e Taiwan che hanno impiantato a Shenzhen i propri impianti manifatturieri chiudono i battenti e fanno le valigie, non avendo uffici marketing o di ricerca e sviluppo capaci di riconvertire la filiera produttiva, e alcune aziende locali hanno addirittura mandato in vacanza anticipata i propri dipendenti perché in azienda non c'era lavoro. O meglio, quello che ci si aspetterebbe sotto Natale. Per il segretario generale Liu, si viaggia ai ritmi di produzione di sette mesi fa, maggio. Domandatevi: a maggio chi ci pensa a Natale? Per l'appunto.

Ma non è solo una questione di recessione economica, perché il giocattolo cinese è tagliato fuori dai negozi di Europa e Stati Uniti anche dall'inasprimento delle norme di sicurezza adottate dai paesi occidentali e persino dai rincari di materie prime e forza lavoro nello stesso Paese di Mezzo. L'anno scorso Shenzhen era stata un autentico Gigarobot d'acciaio del settore: dei 21 miliardi di dollari di giocattoli cinesi prodotti nel 2010, la città partecipava con un quinto del valore. Quest'anno invece pare viaggiare come una macchina con ricarica a molla. Per questo Liu YanFang chiede che Pechino adotti celermente misure di sostegno al comparto o i giocattoli cinesi in futuro potrebbero trovarsi ad affrontare sfide “molto più gravi”. Rischiando di perdere un primato tra i fornitori di Babbo Natale.

 

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