Allarme a Pechino: “La crisi mondiale porterà a disordini sociali, urge intervenire”
Molti scioperi già nelle ultime settimane per i licenziamenti decisi dalle aziende in crisi. Un funzionario del Politburo: "Dobbiamo organizzare una gestione sociale di questo momento di difficoltà"
Molti scioperi già nelle ultime settimane per i licenziamenti decisi dalle aziende in crisi. Un funzionario del Politburo: "Dobbiamo organizzare una gestione sociale di questo momento di difficoltà"
Pechino, 5 dicembre 2011 - Le cifre del Pil cinese sono da favola rispetto a quelle europee: eppure anche Pechino si prepara a fronteggiare gli effetti della crisi globale. Si teme che un rallentamento dell'economia possa portare a maggiori disordini sociali, tanto da chiedere ai governi locali l'utilizzo di metodi piu' efficaci per affrontare situazioni di tensione.
Lo ha detto, durante un seminario, Zhou Yongkang, membro del comitato permanente del politburo del Partito Comunista Cinese e responsabile dei servizi di sicurezza. ''E' un compito urgente il nostro - ha detto Zhou -, quello di pensare a realizzare un sistema di gestione sociale con caratteristiche cinesi che possa servire alla nostra economia socialista di mercato''.
Nelle ultime settimane c'e' stato un aumento di manifestazioni da parte di operai contro aziende che, a causa della crisi mondiale, perdono commesse e sono obbligate a ridurre personale. Zhou ha chiesto di intervenire offrendo approcci innovativi per garantire l'occupazione, ma anche maggiore polizia per controllare internet, il luogo dove si diffondono gli inviti alle proteste.
La contrazione mondiale dell'economia ha avuto grosse influenze anche sulla Cina dove, mentre si mantiene alta l'inflazione (e quindi il costo delle materie prime come il cibo), diminuisce la crescita e la produzione, scesa a livelli di non crescita secondo gli ultimi dati. Nelle scorse settimane nella parte orientale del paese, in particolare nella 'fabbrica della Cina' in Guangdong ma anche a Shanghai, sono stati migliaia i lavoratori scesi per strada per proteste.